Intestino e cervello sono strettamente interconnessi. Frasi come “ho le farfalle nello stomaco”, “ho un peso sullo stomaco” o “ho agito di pancia” non sono solo delle espressioni figurative per esprimere un'emozione o un’azione, ma rappresentano un sentire popolare che oggi la scienza ha chiarito in modo concreto. La correlazione tra emozioni e intestino è infatti ormai ben descritta in medicina. Ciò che proviamo nella nostra mente influenza in modo diretto il nostro intestino e viceversa. Chi soffre ad esempio di Sindrome del Colon Irritabile sa che molto spesso uno stato emotivo di agitazione o di ansia è in grado di scatenare un attacco di diarrea acuta o di acuire i propri disturbi intestinali. Spesso accade che la sovrastimolazione dell’apparato gastrointestinale e i conseguenti sintomi che ne derivano (diarrea, crampi, gonfiore….) conducano ad una ulteriore stato di agitazione per la persona che ne soffre innescando così una pericolosa spirale da cui non è per niente facile uscire. In particolar modo, in questo ultimo anno, vivendo una situazione di tensione come quella innescata dalla pandemia di Covid, stanno aumentando i casi di ansia e di conseguenza anche le difficoltà a livello intestinale. La gestione dell’ansia comprende diversi trattamenti, dai farmaci ad alcuni rimedi naturali, dalla psicoterapia alla meditazione. Recentemente, è stato pubblicato in Frontiers in Psychiarty un articolo scientifico in cui, evidenziando che i farmaci e la psicoterapia spesso non riescono a raggiungere la completa risoluzione dei sintomi, si suggerisce di considerare anche un approccio complementare alla cura dei sintomi attraverso interventi nutrizionali. Questo approccio, ancora in via di sviluppo e definito “psichiatria nutrizionale” è indubbiamente molto affascinante. Nei miei studi fatti sulla prevenzione delle malattie e sugli stili di vita, ho spesso potuto apprezzare quanto un’alimentazione corretta permetta di influire in modo marcato sul benessere dell’organismo. Purtroppo, di quanto lo stile di vita, alimentazione in primis, impattino nel nostro benessere se ne parla ancora troppo poco, mentre ritengo sarebbe opportuno inserire dei concetti basi già nelle scuole per aiutare le future generazioni a curare la propria salute. Lo stile di vita moderno è indubbiamente sempre più ricco di comfort per il corpo, ma decisamente sempre più sfidante per la nostra salute mentale. I disturbi d'ansia sono tra le condizioni psichiatriche più diffuse nei paesi occidentali, con un terzo degli individui che soffrono di qualche forma di ansia durante la loro vita. I farmaci standard di cura e la psicoterapia hanno tuttavia un successo nel trattamento di circa la metà dei pazienti e solo un quarto sperimenta una completa risoluzione del problema (con un tasso di fallimento coerente con l’ampio fallimento dei trattamenti farmacologici per la maggior parte delle condizioni neurologiche). Quando si cerca di correggere un disturbo d’ansia è bene quindi non dimenticare il ruolo complementare dell’alimentazione e di uno stile di vita adeguato in grado di influire positivamente sulla nostra salute generale dal momento che intestino e cervello sono strettamente interconnessi. Vediamo allora le 5 strategie alimentari proposte dai ricercatori Nicholas G. Norwitz del Dipartimento di Fisiologia, Anatomia e Genetica dell’Università di Oxford e Uma Naidoo del Dipartimento di Nutrizione e Psichiatria dello Stile di Vita del Massachusetts General Hospital di Boston, entrambi docenti della Harvard Medical School di Boston per contrastare i disturbi d’ansia attraverso l’alimentazione. 1. Evita i dolcificanti artificialiL’utilizzo di dolcificanti artificiali in alcuni studi è stato associato a disturbi del benessere mentale, inclusa l'ansia. Inoltre, è stato suggerito che gli individui che soffrono di disturbi mentali possano essere particolarmente suscettibili agli effetti negativi dei dolcificanti artificiali. Ad esempio, uno studio crossover randomizzato, controllato con placebo, progettato per valutare l'impatto dell'aspartame sull'umore è stato interrotto prematuramente a causa della gravità delle reazioni in pazienti con una storia di depressione, che è una condizione spesso presente insieme all'ansia. Al momento, gli studi sono limitati su una ristretta gamma di dolcificanti (in particolare l'aspartame che è un dolcificante molto usato in snack e bevande a basso contenuto di zuccheri). Nell’articolo, gli studiosi suggeriscono come alterntive per le persone che non vogliono rinunciare agli edulcoranti, l’utlizzo della stevia (un dolcificante naturale non calorico che non altera la risposta insulinica) e l'eritritolo (un alcol zuccherino non insulinogenico che viene assorbito nell'intestino tenue e non viene fermentato dai batteri intestinali) Tuttavia, in altri studi (probabilmente pubblicati in contemporanea con la review in questione) si è evidenziato che la somministrazione di stevia ha mostrato un impatto negativo sul microbiota intestinale, con alterazione della composizione oltre che del metabolismo. In attesa di ulteriori approfondimenti sull’effetto dei dolcificanti nell’ansia, l'approccio più conservativo nel disturbo d’ansia è ancora la completa eliminazione di zucchero semplici e dolcificanti dalla dieta. 2. Riduci il glutine nella dietaIl glutine può indurre l'infiammazione provocando maggiore "permeabilità intestinale". Le proteine del glutine aumentano infatti l'espressione della zonulina, una proteina che aumenta la permeabilità intestinale. Questa condizione provoca la fuoriuscita dall’intestino verso il flusso sanguigno di composti immunostimolanti, come l'LPS (o lipopolisaccaride , uno dei componenti della membrana cellulare esterna dei batteri Gram-negativi) portando all'infiammazione “silente” (ovvero una infiammazione subcronica dei tessuti). Negli studi fin qui effettuati si è visto che nei pazienti ansiosi senza storia segnalata di disturbi gastrointestinali, vi sono elevati livelli nel sangue di zonulina e LPS rispetto ai soggetti di controllo non ansiosi. Questa osservazione è coerente con l'ipotesi che il glutine possa condurre a stati di infiammazione e ansia a causa di un aumento della della "permeabilità intestinale", suggerendo che i pazienti con ansia possono essere particolarmente sensibili al glutine. Allo stato attuale, le evidenze che dimostrino che una dieta priva di glutine sia in grado di diminuire l'ansia sono riferite solamente nei pazienti celiaci Tuttavia, i due ricercatori ritengono ragionevole includere una dieta priva di glutine nell'arsenale dei potenziali trattamenti metabolici per l'ansia. 3. Aumenta il consumo di grassi Omega-3Gli acidi grassi omega-3, in particolare gli omega-3 a catena lunga, l'acido eicosapentaenoico (EPA) e l'acido docosaesaenoico (DHA), sono potenti molecole di segnalazione antinfiammatorie che supportano il microbioma intestinale e rivestono un ruolo importante nei processi cognitivi e nella salute mentale. Negli studi sugli animali, i ricercatori hanno evidenziato che i meccanismi con cui gli omega-3 aiutano ad affrontare le basi metaboliche dell'ansia sono molteplici, probabilmente dovute al miglioramento dell'equilibrio del microbioma, la diminuzione dell'infiammazione e il bilanciamento della chimica tra neuromediatori. Negli esseri umani, si è visto che nei pazienti con disturbo d'ansia, i livelli di EPA e DHA nelle cellule erano ridotti del 18-34%. Inoltre, è stata evidenziata una correlazione inversa tra i livelli di questi omega-3 e la gravità dell'ansia (più bassi erano i livelli di omega-3 nelle cellule, più severa erano le forme di ansia registrate. Diversi studi hanno evidenziato che l’integrazione con omega-3 è in grado di ridurre l'ansia. In particolare, si suggerisce che la dose e il tipo di omega-3 sono caratteristiche importanti da considerare. Gli studi che utilizzavano dosi inferiori a 2 grammi al giorno di omega-3 tendevano a non essere significativamente efficaci nel trattamento dell'ansia. Analogamente è stato evidenziato che gli integratori con proporzioni inferiori di DHA erano meno efficaci nel ridurre l'ansia, arrivando a non avere effetti significativi con integratori contenenti più del 60% di EPA. Pertanto, è bene valutare con attenzione l’eventuale integrazione di omega-3 ai fini di un miglioramento fisiologico dell’ansia, privilegiando in particolare fonti di omega-3 come le uova di pesce e l'olio di krill, seguite dal salmone e da altri pesci grassi. 4. Sfrutta il potere “antifiammatorio” della curcumina![]() La curcuma è probabilmente la spezia più studiata per la salute del cervello. Il suo componente attivo, la curcumina, è stato esplorato come trattamento per il morbo di Alzheimer, il morbo di Parkinson, la depressione, le comorbidità dell'ansia e l'ansia stessa Diversi studi randomizzati, in doppio cieco e controllati con placebo hanno dimostrato che l'integrazione di curcumina può ridurre l'ansia nell’uomo. Tuttavia, ci sono dei limiti alla letteratura scientifica prodotta sulla curcumina. Alcuni studiosi hanno contestato che i benefici della curcuma e dei suoi componenti per la salute sono eccessivamente sensazionalistici. In particolare, in un'attenta analisi della chimica medica della curcumina si è dimostrato in modo convincente che i risultati positivi nei sistemi modello possono essere confusi dall'instabilità chimica della curcumina e dal potenziale di interferire con le letture del dosaggio. Inoltre, gli esperti sottolineano che esiste un grande grado di variabilità tra gli studi rispetto alla purezza degli integratori e alle formulazioni, che confondono la riproducibilità degli studi. Ad esempio, le sostanze attive della curcuma sono poco assorbite in natura dal nostro organismo quando somministrate come polvere o in una soluzione acquosa. Per questo motivo, i curcuminoidi (i principi attivi della curcumina) dovrebbero essere consumati con i grassi. L’industria farmaceutica per aumentare l’assorbimento deilla curcumina ha sviluppato sistemi di somministrazione a base di lipidi, inclusi liposomi e nanoparticelle. In effetti, negli studi controllati randomizzati nei quali si sono evidenziati risultati positivi della curcumina sull'ansia, si sono utilizzate formulazioni specifiche per aumentare la biodisponibilità della curcumina, inclusa la nano-curcumina e la co-somministrazione di piperina, che aumenta di circa 20 volte l'assorbimento della curcumina rispetto alla sola polvere. In questo senso, vista anche la cautela nell’utilizzo di queste sostanze in chi soffra di problematiche epatiche e renali, sottolineo di non assumere integratori di curcuma senza il parere preventivo del medico curante o di un farmacista esperto in grado di consigliarti al meglio. 5. Controlla i livelli di Vitamina D nel sangue![]() Poiché la maggior parte delle persone nel mondo occidentale moderno trascorre la maggior parte del tempo in casa, completamente vestita o semplicemente vivendo ad alte latitudini, la produzione endogena di vitamina D è spesso inadeguata. È anche difficile assumere abbastanza vitamina D dalla dieta (ho parlato dei cibi a più alto contenuto di vitamina d in un recente post nella pagina Facebook della farmacia) Nel 2014, la Società italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro (SIOMMMS) sottolineava che in Italia l’80% della popolazione sarebbe carente di Vitamina D (ovvero con livelli inferiori a 30 ng/mL). Anche se tra gli esperti non c’è ancora omogeneità nel definire quali valori debbano essere considerati come insufficienza evidente nei livelli di Vitamina D, non possiamo nascondere che lo stile di vita moderno ha effettivamente indotto una riduzione sensibile della produzione naturale da parte dell’oganismo di questo importante ormone. Nel cervello, la vitamina D regola importanti processi metabolici (l'omeostasi del calcio e i canali ionici), i livelli di sostanze fondamentali nella trasmissione tra i neuroni (come la dopamina e la serotonina). I benefici della vitamina D sono anche probabilmente mediati dal suo stesso ruolo nel modulare il microbioma intestinale e riducendo l'infiammazione cronica. Bassi livelli di vitamina D sono associati con più disturbi mentali, tra cui la schizofrenia, la depressione e l'ansia. In alcuni studi, l’integrazione di vitamina D in coloro che mostravano una carenza di vitamina D è risultata efficace nell'affrontare l'ansia. Va in questo contesto sottolineato che l'integrazione di vitamina D nel combattere l'ansia è risultata efficace solamente in chi ha una chiara carenza di vitamina D. In medicina, sappiamo bene che non è possibile estendere i risultati emersi nei soggetti specifici di uno studio in altre situazioni. Quindi la cautela è d’obbligo quando accostiamo l’integrazione di Vitamina D per ripristinare un equilibrio fisiologico in un soggetto ansioso. Tuttavia, la valutazione dei livelli di vitamina D ed una eventuale integrazione dovrebbe essere presa in considerazione in chi soffre di una storia importante di disturbo d’ansia. Anche in questo caso, sconsiglio fortemente il fai da te: senti sempre il parere del tuo medico o di uno specialista per valutare con attenzione le tue necessità personali. Altre potenziali strategieI ricercatori hanno inoltre sottolineato che nel trattamento dei disturbi di ansia, potranno essere prese in considerazione anche ulteriori potenziali strategie nutrizionali, tra cui la riduzione della caffeina, l’uso di prebiotici e probiotici per supportare il microbioma nel soggetto ansioso e l'integrazione con o magnesio o triptofano per aumentare potenzialmente la sintesi di serotonina.
Sebbene tutti questi trattamenti necessitano sempre di una valutazione attenta con il proprio medico di base o con uno specialista, modulare con più equilibrio la propria alimentazione non può che comportare un effetto positivo in chi soffre di ansia e agitazione. Personalmente, senza rischiare inutili eccessi di integrazione o l'adozione di strategie alimentari troppo limitiative per le tue caratteristiche posso suggerirti tre opzioni che sono certo non possano che impattare positivamente sul benessere del tuo organsimo: - una significativa riduzione dell’utilizzo degli zuccheri - una maggiore diversità nella scelta dei cereali utilizzati nella tua deita (evitando il solo consumo di frumento e affini, ma alternando anche riso, grano saraceno, quinoa…) - un sensibile incremento del consumo di pesce ed in particolare di pesce azzurro ad almeno 2-3 porzioni a settimana. Provaci. Sono certo che la tua salute ne risentirà in modo più che positivo. Ti sei mai domandato come mai in un momento storico in cui abbiamo a nostra disposizione innumerevoli soluzioni tecnologiche e tantissime comodità, sembra che le persone siano sempre più infelici e malate? Eppure abbiamo la fortuna di vivere in un’epoca in cui possiamo disporre di farmaci sempre più efficaci e mirati e godere di svariate possibilità di cura. Le tecnologie e la digitalizzazione hanno permesso di eliminare lavori faticosi, estenuanti e pericolosi. Possiamo trovare facilmente nelle nostre città ogni agio, da chi ci prepara i pasti a chi ci consegna la spesa a casa. Tuttavia le statistiche ci mostrano che sempre più persone soffrono di ansia, di depressione, di problemi gastrointestinali, di malattie croniche degenerative e malattie cardiovascolari e molto altro. Strano, vero? Ti sei mai chiesto come mai? Scommetto che se ci pensi per qualche minuto, tra le varie risposte che cominceranno a balenare nella tua mente potrebbe affiorare la parola “stress”. In fondo che “siamo tutti più stressati” è un mantra che ci ripetiamo spesso al bar alla mattina sorseggiando frettolosamente un caffè tra amici oppure in ufficio tra colleghi sempre più indaffarati. In alcuni casi, la frase “sarà colpa dello stress” viene usata anche per giustificare qualche problema di salute in quei casi in cui non si riesce a venire a capo della causa scatenante. In effetti, molti studi evidenziano una correlazione significativa tra lo stress e molte patologie, in particolare con le malattie autoimmuni. Insomma, che lo stress possa impattare negativamente sull’organismo è evidente a molti. Tuttavia, non sempre è chiaro come mai lo stress sta diventando un killer silenzioso della nostra società. Se ti va di prendere più consapevolezza di questo argomento, provo a spiegarti un paio di concetti legati allo stress. EUSTRESS E DISTRESS![]() Cominciamo con chiarire un concetto importante: lo stress non è sempre "negativo”. Ci sono alcune situazioni in cui lo stress provoca una sorta di “adattamento” che viene vissuto come qualcosa di positivo dalla persona che ha avuto l'esperienza stressante. L’eustress (o stress buono), è infatti indispensabile alla vita e ha permesso la nostra evoluzione. Si manifesta sotto forma di stimoli ambientali costruttivi ed interessanti. Un esempio può essere una promozione lavorativa per la quale arrivano maggiori responsabilità, ma anche maggiori soddisfazioni. O l’eccitazione che pervade un’atleta prima della gara e che permette al suo corpo di ottenere il massimo delle proprie prestazioni. Se, dunque, la “reazione di stress” porta vigore, entusiasmo e propositività è una buona cosa perché incrementa lo stato di salute generale della persona. D’altro canto, ci sono invece delle situazioni in cui lo stress provoca un “disadattamento”, conducendo ad una risposta che non è positiva (distress) per la persona che ha vissuto l'episodio stressante. Il distress è quindi uno stress che ci danneggia provocando grossi scompensi emotivi e fisici difficilmente risolvibili. Un esempio può essere un licenziamento inaspettato, oppure un intervento chirurgico. Lo stress, come abbiamo visto, può quindi essere un importante alleato poichè ci aiuta a superare le inevitabili sfide che la vita ci offre dato aiutando ’organismo a prepararsi fisicamente e psicologicamente ad affrontare un problema, ma anche un pericoloso nemico. Ma allora cosa determina quando una risposta è positiva (eustress) rispetto ad una risposta negativa (distress) allo stress??? La differenza essenziale tra eustress e distress (lo stress cattivo) sta nella percezione della “fonte di stress”. Nel caso dell’eustress la “fonte di stress” viene percepita come una “sfida”. Nel caso del distress, viene percepita come una “minaccia”. Per questo motivo è importante coltivare il proprio atteggiamento di fondo verso la vita come un luogo di “sfide” piuttosto che un luogo di “minacce”. Tuttavia, non è sempre facile poter percepire di avere il controllo sulle sfide e sugli eventi che la vita ci presenta. Quando si percepisce di non avere il controllo su molti eventi nella propria routine e, soprattutto, quando situazioni stressanti (si chiamano “stressor” in ambito scientifico) si ripropongono molto spesso e in modo cronico, lo stress può avere un impatto molto negativo, sia fisicamente che emotivamente. “Si vabbè, Francesco, ho capito che viviamo in un'era in cui molte situazioni portano a stress… ma non vorrai dirmi che un uomo che viveva nelle caverne aveva meno rischio di noi?!?” Effettivamente dover procacciarsi ogni giorno il cibo, rischiando di essere sbranato da qualche bestia selvatica non era certamente meno stressante e rischioso di prendere la metro nell’ora di punta a Milano. Tuttavia, gli stressor, ovvero le situazioni a forte stress, che viveva un homo sapiens erano molto più circoscritte e limitate. Tra gli agenti stressanti per un cavernicolo c’erano la mancanza di cibo, il freddo, i predatori, le malattie infettive… Pericoli importanti, ma ben chiari e individuabili. Per l’uomo moderno, le fonti di stress sono molto più numerose e soprattutto spesso anche incontrollabili: il mutuo da pagare, il capoufficio scontroso, il rischio di perdere il lavoro, il traffico, l’imperizia di altre persone al volante, i figli da portare a scuola, le notizie del telegiornale, il terrorismo, la delinquenza, l’inquinamento ambientale e acustico… ![]() Il nocciolo della questione è tuttavia, che a livello genetico, homo sapiens e uomo moderno sono sostanzialmente uguali. 70.000 anni in termini evolutivi sono un periodo limitatissimo. In buona sostanza, il nostro organismo non è evolutivamente in grado di resistere efficacemente al cambiamento che l’uomo stesso ha prodotto sull’ambiente. Siamo perennemente in una situazione di ipervigilanza che non siamo in grado di contrastare. Non siamo stati certo “programmati” geneticamente per guidare nel traffico, nè per passare giornate intere senza staccare mai la mente dai nostri impegni, nè per poter vivere comodamente su un divano o passando le nostre giornate lavorative seduti in ufficio, nè per trovare disponibili alimenti ricchi di zuccheri in ogni momento della giornata, nè per addormentarci in mezzo a luci e strumenti elettronici, nè per mangiare cibi ricchi di sostanze aggiunte artificialmente, nè per comunicare isolati senza contatti umani o relazioni…. Potrei continuare con infiniti esempi. Insomma, per essere chiaro e diretto: siamo sempre più stressati perché il nostro organismo non è sufficientemente preparato per reggere i ritmi e le abitudini della vita moderna. Prendere consapevolezza di questo e imparare a contrastare in modo efficace le tante insidie che la tecnologia e il progresso ci riservano quotidianamente è probabilmente il più grande investimento che si possa fare sul proprio benessere futuro. Per anni, si è spesso minimizzato l'effetto del cibo sui sintomi a carico dell'intestino, in modo particolare quelli attribuibili alla Sindrome del Colon Irritabile. Per fortuna, i tempi sono cambiati e ora abbiamo molte più informazioni disponibili per quanto riguarda il ruolo che il cibo gioca sul benessere dell'intestino. Adottare alcune utili strategie alimentari non solo può aiutare a evitare di esacerbare i sintomi di un intestino irritabile, ma può anche essere un modo efficace per prevenirne i sintomi. Vediamo insieme un piccolo decalogo di utili consigli sull'alimentazione per chi soffre di Sindrome dell'Intestino Irritabile (SII) 1. Mangia cibi integrali Gli alimenti integrali sono alimenti che non sono "trasformati" ovvero alimenti che contengono ingredienti che si possono facilmente riconoscere. Se soffri dell Sindrome dell’Intestino Irritabile, evita di mangiare cibi industriali che contengono elementi aggiuntivi come conservanti, coloranti artificiali e aromi artificiali. Tieni a mente questo principio: "Se non sei in grado di identificare qualcosa in ciò che mangi, non lo saprà riconoscere nemmeno il tuo sistema digerente." 2. Cucina a casa Il tuo intestino (e la tua salute in generale) ti sarà molto riconoscente se riuscirai a ritagliarti un po’ del tuo tempo per dedicarti alla cucina casalinga. Quando prepari tu stesso il cibo che mangi hai più controllo sulla qualità del cibo che stai per mangiare così come su ogni singolo ingredienti presente nel tuo piatto. 3. Evita gli alimenti contenenti grassi “cattivi” Gli alimenti che sono molto “grassi” o fritti possono stimolare le contrazioni intestinali, causando crampi dolorosi e diarrea urgente. I n soldoni: niente più pollo fritto, patatine fritte o sughi pesanti. Forse potresti sentire la mancanza di alcuni di questi cibi, ma ti assicuro che non mancheranno al tuo colon. 4. Scegli alimenti contenenti grassi "sani" Molte persone hanno una dieta carente di acidi grassi Omega-3, considerati i grassi più salutari per il nostro organismo. Questi grassi sono anti-infiammatori “naturali” e sembra abbiano un ruolo importante nel benessere del cervello e dell’intestino. Fai in modo di aumentare la componente di Omega 3 nella tua alimentazione, introducendo una giusta quantità di di cibi ricchi di Omega 3 come il pesce azzurro, l’avocado, le noci, la frutta secca e l’olio d'oliva extravergine. 5. Valuta con attenzione se tolleri meglio le verdure e la frutta quando sono cotte. Molte persone con la Sindrome del Colon Irritabile che hanno mostrato difficoltà a tollerare verdure crude e frutta, spesso scoprono di essere in grado di gestire gli stessi alimenti quando questi sono cotti. Questa situazione può essere spiegata considerando il processo di cottura che aiuta a degradare la fibra, renderebbe più facile la digestione di questi alimenti per l’apparato gastrointestinale. 6. Non mangiare troppo in un unico pasto I pasti troppo abbondanti possono intensificare la forza delle contrazioni intestinali. Per questo è bene utilizzare ad ogni pasto delle porzioni ragionevoli. In diversi casi, per chi soffre di SII è più tollerato suddividere in diversi piccoli pasti la propria alimentazione lungo tutta la giornata, piuttosto che concentrare i pasti tra colazione, pranzo e cena. L'unica eccezione a questa regola è se sei in cura per SIBO (Sovraccrescita Batterica Intestinale). In questo caso, è meglio attenersi a tre pasti lasciando diverse ore tra un pasto e l'altro. Questo permetterà di sfruttare meglio il movimento naturale di pulizia dell'intestino tenue che opera tra i pasti. 7. Non saltare i pasti Molte persone che soffrono della Sindrome dell’Intestino Irritabile tendo a saltare i pasti con l’intenzione di prevenire i sintomi mentre sono fuori casa. Il problema di questa strategia è che mangiare a intermittenza può contribuire ad maggiore alterazione della motilità gastrointestinale. Immagina il tuo apparato digerente come fosse un nastro trasportatore in una catena di montaggio: per poter funzionare senza intoppi, deve ricevere cibo a orari regolari e prevedibili. Inoltre, saltare i pasti può portare al rischio di esagerare con il cibo quando finalmente ti concedi il tempo per mangiare. In questo caso, l'eccesso di cibo può scatenare i sintomi che stavi cercando di prevenire. 8. Introduci nella tua alimentazione più cibi fermentati Quando alcuni alimenti sono sottoposti a un processo di fermentazione, il prodotto risultante è pieno di batteri ed enzimi utili. Mangiare cibi fermentati è un ottimo modo per portare fonti naturali di probiotici nel vostro sistema, con una più ampia varietà di ceppi rispetto a quelli che possono essere trovati in un integratore probiotico. Cibi fermentati come i crauti freschi, il kimchi, il kefir o la kombucha fanno parte di tradizione culinarie che si perdono nel passato e che dovremmo riprendere in considerazione per migliorare la biodiversità della nostra flora intestinale (meglio definirla “microbiota intestinale”) 9. Mangia più alimenti prebiotici I prebiotici sono componenti di alimenti ordinari che stimolano la crescita di batteri intestinali benefici, in grado di migliorare il tuo benessere intestinale. Non fare confusione però con i “probiotici” (in genere sono conosciuti come fermenti lattici): i “prebiotici” sono in buona sostanza un nutrimento ideale per i batteri buoni. Alcune fonti di prebiotici amici dell’intestino irritabile includono banane e mirtilli. Purtroppo, molti degli alimenti che rappresentano una buona fonte di prebiotici sono anche ad alto contenuto di Fodmaps (sigla che sta per “Fermentable Oligosaccharides, Disaccharides, Monosaccharides and Polyols” ovvero Oligosaccaridi, Disaccaridi, Monosaccaridi Fermentabili e Polioli), zuccheri che sono presenti in alcuni alimenti che possono causare l’insorgenza dei sintomi del colon irritabile. Sperimenta introducendo i seguenti alimenti prebiotici in piccole porzioni per capire se sei ingrado di tollerarli senza peggiorare i sintomi:
10. Riduci lo zucchero e gli alimenti contenenti carboidrati raffinati Le diete moderne sono diventate eccessivamente ricche di zuccheri e carboidrati raffinati, in particolare farina bianca. Anche se gli alimenti che contengono questi ingredienti sono convenienti, raramente sono sani e nutrienti. I carboidrati ottenuti da zuccheri e da farine a cui hanno rimosso la parte contenente la fibra possono contribuire ad un equilibrio malsano della flora intestinale e quindi condurre a indesiderati sintomi digestivi. Sebbene in Italia si stimi che il 10-20% soffra della Sindrome dell'Intestino Irritabile ( o Sindrome del Colon Irritabile, più impropriamente definita anche come "colite") , c'è ancora molta confusione su questa condizione, sia in termini di inquadramento del problema sia nella definizione dei trattamenti più opportuni. In questo contesto, non è improbabile che idee sbagliate prendano piede sostituendo le opinioni ai fatti. Se soffri di problemi intestinali collegabili alla Sindrome del Colon Irritabile, dovresti conoscere la verità su 7 falsi miti collegati a questi disturbi. MITO n. 1 - La Sindrome del Colon Irritabile non è un problema a cui dare peso![]() La Sindrome del Colon Irritabile può influenzare in modo significativo la qualità della vita, la carriera lavorativa, le relazioni e molti altri aspetti della vita di chi ne è affetto. Sottostimare le implicazioni collegate a questa condizione in seguito ad un approccio non approfondito del proprio medico ("sarà un po' di stress") o degli stessi familiari ("ma non ti preoccupare... cosa vuoi che sia un po' di gonfiore di pancia....") è un errore piuttosto comune. Eppure disturbi come diarree improvvise o spasmi intestinali dovuti ad un eccesso di gas intestinali possono risultare spesso limitanti di molte azioni quotidiane. Chi ha superato molti dei disturbi acuti della Sindrome del Colon Irritabile rimase spesso incredulo di fronte ai progressi che è riuscito ad ottenere dopo l'aiuto di uno specialista. Poter uscire a mangiare una pizza con gli amici o riprendere a poter fare molte attività di routine senza il pensiero di correre al bagno o di fermarsi per i dolori intestinali è un sollievo che può cambiare la vita di una persona. |
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Visto l'interesse scientifico e la chiarezza dei contenuti presentati, ripropongo in italiano l'articolo "Un salón, un bar y una clase: así contagia el coronavirus en el aire " pubblicato sulla versione on line de El Paìs in data 28 ottobre 2020
Sostare negli ambienti chiusi rappresenta una delle situazioni più pericolose per il contagio da Sars-Cov-2, ma i rischi possono essere ridotti al minimo mettendo in atto tutte le misure disponibili per contrastare il contagio da aerosol.
In questo articolo vengono prese in esame le probabilità di contagio da Covid-19 in tre differenti scenari quotidiani a seconda della ventilazione, dell'uso di mascherine e della durata della permanenza nel locale.
In questo articolo vengono prese in esame le probabilità di contagio da Covid-19 in tre differenti scenari quotidiani a seconda della ventilazione, dell'uso di mascherine e della durata della permanenza nel locale.
Sala o salotto
Sei persone si riuniscono in una casa, una delle quali è infetta. Il 31% dei focolai conosciuti in Spagna si verifica in questo tipo di incontro sociale, soprattutto negli incontri con la famiglia e gli amici.
Indipendentemente dalla distanza, se passassero quattro ore senza mascherine o ventilazione e senza parlare ad alta voce, le altre cinque persone si contagerebbero (secondo il modello scientifico spiegato nella metodologia).
In caso di utilizzo di mascherine, tale rischio si ridurrebbe a quattro contagiati.
Le mascherine da sole non evitano il contagio se l'esposizione è molto lunga.
Le mascherine da sole non evitano il contagio se l'esposizione è molto lunga.
Il rischio di infezione si riduce al di sotto di una persona infetta quando il gruppo utilizza le mascherine, riduce della metà la durata dell'incontro e inoltre arieggia il locale .
Il Sars-Cov-2 si diffonde nell'aria, soprattutto negli ambienti interni.
Non è contagioso come il morbillo, ma gli scienziati già riconoscono apertamente il ruolo che il contagio da aerosol gioca nella pandemia, minuscole particelle contagiose che una persona malata espira e che rimangono sospese nell'aria in ambienti chiusi.
Come funziona questa modalità di contagio? E soprattutto, come affrontarla?
Non è contagioso come il morbillo, ma gli scienziati già riconoscono apertamente il ruolo che il contagio da aerosol gioca nella pandemia, minuscole particelle contagiose che una persona malata espira e che rimangono sospese nell'aria in ambienti chiusi.
Come funziona questa modalità di contagio? E soprattutto, come affrontarla?
In questo momento, le autorità sanitarie riconoscono tre modalità di contagio del covid:
- attraverso le gocce che gli infetti espellono quando parlano o tossiscono, che finiscono negli occhi, nella bocca o nel naso della persona infetta.;
- attraverso le superfici contaminate, sebbene i Centri Statunitensi per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (CDC) indichino che questo caso sia il meno probabile e il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie avverte che non è stato descritto nemmeno un contagio in quel modo.
- attraverso gli aerosol, inspirando queste particelle infettive invisibili che una persona malata espira e che si comportano come il fumo quando escono dalla bocca. Senza ventilazione, rimangono sospese e si condensano nella stanza col passare del tempo.
- attraverso le gocce che gli infetti espellono quando parlano o tossiscono, che finiscono negli occhi, nella bocca o nel naso della persona infetta.;
- attraverso le superfici contaminate, sebbene i Centri Statunitensi per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (CDC) indichino che questo caso sia il meno probabile e il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie avverte che non è stato descritto nemmeno un contagio in quel modo.
- attraverso gli aerosol, inspirando queste particelle infettive invisibili che una persona malata espira e che si comportano come il fumo quando escono dalla bocca. Senza ventilazione, rimangono sospese e si condensano nella stanza col passare del tempo.
Respirare, parlare e urlare sono potenzialmente contagiosi
All'inizio della pandemia, si riteneva che il principale veicolo di contagio fossero quelle grosse goccioline che espelliamo tossendo o starnutendo.
Tuttavia, ora sappiamo che anche urlare o cantare a lungo in uno spazio chiuso e scarsamente ventilato genera un alto rischio di contagio.
Ciò accade perché quando parliamo a pieni polmoni vengono rilasciate 50 volte più particelle cariche di virus rispetto a quando siamo in silenzio.
Questi aerosol, se non dispersi con la ventilazione, si concentrano nel tempo aumentando il rischio di contagio.
Gli scienziati hanno dimostrato che queste particelle, che liberiamo anche quando respiriamo o con mascherine mal posizionate, possono essere contagiose entro cinque metri da una persona infetta e per molti minuti, a seconda delle condizioni.
Queste sono le situazioni che riproduciamo in questi esempi e che dovrebbero essere evitate a tutti i costi.
All'inizio della pandemia, si riteneva che il principale veicolo di contagio fossero quelle grosse goccioline che espelliamo tossendo o starnutendo.
Tuttavia, ora sappiamo che anche urlare o cantare a lungo in uno spazio chiuso e scarsamente ventilato genera un alto rischio di contagio.
Ciò accade perché quando parliamo a pieni polmoni vengono rilasciate 50 volte più particelle cariche di virus rispetto a quando siamo in silenzio.
Questi aerosol, se non dispersi con la ventilazione, si concentrano nel tempo aumentando il rischio di contagio.
Gli scienziati hanno dimostrato che queste particelle, che liberiamo anche quando respiriamo o con mascherine mal posizionate, possono essere contagiose entro cinque metri da una persona infetta e per molti minuti, a seconda delle condizioni.
Queste sono le situazioni che riproduciamo in questi esempi e che dovrebbero essere evitate a tutti i costi.
In primavera, le autorità sanitarie hanno ignorato questa via di infezione, ma recenti pubblicazioni scientifiche hanno costretto l'Organizzazione Mondiale della Sanità o il CDC a riconoscere questo rischio.
Un articolo su Science parla di prove "schiaccianti" e il CDC osserva che " in determinate condizioni , le persone con Covid-19 possono infettare altri soggetti anche qualora si trovino a più di due metri di distanza.
Questo tipo di contagi sono avvenute all'interno di spazi chiusi con ventilazione inadeguata. A volte la persona infetta respirava profondamente, ad esempio quando cantava o si allenava.
Un articolo su Science parla di prove "schiaccianti" e il CDC osserva che " in determinate condizioni , le persone con Covid-19 possono infettare altri soggetti anche qualora si trovino a più di due metri di distanza.
Questo tipo di contagi sono avvenute all'interno di spazi chiusi con ventilazione inadeguata. A volte la persona infetta respirava profondamente, ad esempio quando cantava o si allenava.
Un bar o un ristorante
I focolai scoppiati in eventi, all'interno di locali come bar e ristoranti rappresentano una parte importante dei contagii nella sfera sociale.
In particolare, sono proprio queste le situazioni più "esplosive": ogni focolaio in una discoteca presuppone in media 27 persone contagiate, contro solo 6 contagi in incontri familiari, come quelli presi in esame all'inizio.
Come esempio di quello che può essere uno di questi super contagi, abbiamo preso a riferimento quello che è successo in una discoteca di Cordoba, con 73 infetti dopo una serata O il contagio di 12 clienti in un bar del Vietnam, recentemente analizzato dai ricercatori.
I focolai scoppiati in eventi, all'interno di locali come bar e ristoranti rappresentano una parte importante dei contagii nella sfera sociale.
In particolare, sono proprio queste le situazioni più "esplosive": ogni focolaio in una discoteca presuppone in media 27 persone contagiate, contro solo 6 contagi in incontri familiari, come quelli presi in esame all'inizio.
Come esempio di quello che può essere uno di questi super contagi, abbiamo preso a riferimento quello che è successo in una discoteca di Cordoba, con 73 infetti dopo una serata O il contagio di 12 clienti in un bar del Vietnam, recentemente analizzato dai ricercatori.
In questo bar la capacità è ridotta della metà, con 15 persone che consumano e tre dipendenti.
Le porte sono chiuse e non c'è ventilazione meccanica.
Le porte sono chiuse e non c'è ventilazione meccanica.
Nel peggiore dei casi, senza prendere alcuna misura di precauzione, dopo quattro ore verrebbero infettati 14 persone.
Se le persone indossassero permanentemente le mascherine, la probabilità scenderebbe a 8 infezioni.
Ventilando i locali, cosa che può essere fatta con un buon impianto di condizionamento, e se il tempo trascorso al bar si accorciasse , la probabilità di contagio precipiterebbe a una sola persona.
La scuola
I centri educativi rappresentano solo il 6% dei focolai individuati dalle autorità sanitarie.
Le dinamiche di contagio da aerosol in classe sono molto diverse se il "paziente zero" è uno studente o un insegnante.
Gli insegnanti parlano molto più a lungo, alzando la voce per essere ascoltati, il che moltiplica l'espulsione di particelle potenzialmente contagiose. In confronto, uno scolaro infetto parla molto più sporadicamente.
Il governo spagnolo ha già raccomandato, con una guida del CSIC , che le aule siano arieggiate anche superando il disagio del freddo o che vengano utilizzate apparecchiature di ventilazione.
I centri educativi rappresentano solo il 6% dei focolai individuati dalle autorità sanitarie.
Le dinamiche di contagio da aerosol in classe sono molto diverse se il "paziente zero" è uno studente o un insegnante.
Gli insegnanti parlano molto più a lungo, alzando la voce per essere ascoltati, il che moltiplica l'espulsione di particelle potenzialmente contagiose. In confronto, uno scolaro infetto parla molto più sporadicamente.
Il governo spagnolo ha già raccomandato, con una guida del CSIC , che le aule siano arieggiate anche superando il disagio del freddo o che vengano utilizzate apparecchiature di ventilazione.
La situazione più pericolosa si verificherebbe in un'aula non ventilata in cui la persona infetta fosse l'insegnante (paziente 0).
Se passassero due ore in classe con un insegnante infetta, senza adottare alcuna misura di prevenzione contro gli aerosol, la probabilità di contagio si alzerebbe a 12 studenti.
Se tutti indossassero una mascherina, le probabilità di contagio si ridurrebbero a 5 studenti.
In focolai reali è stato osservato che la distribuzione dei contagi è casuale, poiché gli aerosol si accumulano e si distribuiscono in tutta la stanza senza ventilazione.
In focolai reali è stato osservato che la distribuzione dei contagi è casuale, poiché gli aerosol si accumulano e si distribuiscono in tutta la stanza senza ventilazione.
Se dopo un'ora di lezione ci si fermasse per rinnovare completamente l'aria (naturalmente o meccanicamente), il rischio si attenuerebbe.
Per calcolare le probabilità di contagio delle persone presenti in situazioni di rischio, utilizziamo un simulatore sviluppato da un gruppo di scienziati, guidato dal professor José Luis Jiménez (Università del Colorado), creato con l'intento di mostrare l'importanza dei fattori che ostacolano la diffusione degli aerosol.
Il calcolo non è esaustivo né può comprendere le innumerevoli variabili che concorrono al contagio, ma serve ad illustrare l'andamento dei rischi in base ai fattori sui quali possiamo intervenire.
I soggetti mantengono una distanza di sicurezza nelle simulazioni, eliminando il rischio di contagio da goccioline, ma possono comunque infettarsi se non agiscono aggiungendo tutte le misure contemporaneamente: ventilare correttamente, accorciare gli incontri, ridurre la capacità e indossare mascherine.
In tutti i contesti, lo scenario ideale sarebbe all'aperto, dove le particelle infettive si diradano rapidamente.
I calcoli mostrati nei tre scenari si basano su studi su come si verificano le infezioni da aerosol, con focolai reali che sono stati analizzati in dettaglio. Un caso molto utile per comprendere le dinamiche del contagio indoor è stato sperimentato durante le prove del coro nello Stato di Washington (USA) a marzo.
Solo 61 dei 120 membri del coro hanno assistito alle prove e hanno cercato di mantenere le distanze e l'igiene. Senza saperlo, hanno causato uno scenario di massimo rischio: niente mascherine, niente ventilazione, canto e condivisione dello spazio per molto tempo.
Un singolo infettato da covid, paziente zero, ha infettato 53 persone in due ore e mezza. Alcuni di quelli infetti erano a 14 metri dietro di loro, quindi solo gli aerosol possono spiegare il contagio. Due dei malati sono morti.
Il calcolo non è esaustivo né può comprendere le innumerevoli variabili che concorrono al contagio, ma serve ad illustrare l'andamento dei rischi in base ai fattori sui quali possiamo intervenire.
I soggetti mantengono una distanza di sicurezza nelle simulazioni, eliminando il rischio di contagio da goccioline, ma possono comunque infettarsi se non agiscono aggiungendo tutte le misure contemporaneamente: ventilare correttamente, accorciare gli incontri, ridurre la capacità e indossare mascherine.
In tutti i contesti, lo scenario ideale sarebbe all'aperto, dove le particelle infettive si diradano rapidamente.
I calcoli mostrati nei tre scenari si basano su studi su come si verificano le infezioni da aerosol, con focolai reali che sono stati analizzati in dettaglio. Un caso molto utile per comprendere le dinamiche del contagio indoor è stato sperimentato durante le prove del coro nello Stato di Washington (USA) a marzo.
Solo 61 dei 120 membri del coro hanno assistito alle prove e hanno cercato di mantenere le distanze e l'igiene. Senza saperlo, hanno causato uno scenario di massimo rischio: niente mascherine, niente ventilazione, canto e condivisione dello spazio per molto tempo.
Un singolo infettato da covid, paziente zero, ha infettato 53 persone in due ore e mezza. Alcuni di quelli infetti erano a 14 metri dietro di loro, quindi solo gli aerosol possono spiegare il contagio. Due dei malati sono morti.
Dopo aver studiato attentamente questo focolaio, gli scienziati sono stati in grado di calcolare in che misura il rischio sarebbe stato ridotto se avessero agito contro il contagio aereo.
In condizioni reali, il contagio ha colpito l'87% dei presenti. Indossando le mascherine durante l'evento, il rischio sarebbe stato dimezzato. In una esibizione più breve e con maggiore areazione, solo due cantanti sarebbero stati contagiati.
Questi scenari super contagiosi sembrano sempre più decisivi nello sviluppo e nella diffusione della pandemia,. Per questo avere strumenti per prevenire infezioni massicce in eventi di questo tipo è fondamentale per controllare la diffusione del virus.
Se apprezzi informazioni come questa che hai appena letto, sostieni EL PAÍS. Fallo cliccando qui
Metodologia: Abbiamo calcolato il rischio di infezione da covid-19 utilizzando uno strumento sviluppato da José Luis Jiménez, un esperto di chimica e dinamica delle particelle nell'aria presso l'Università del Colorado. Altri colleghi di tutto il mondo hanno esaminato questo simulatore, che si basa su dati e metodi pubblicati per stimare l'importanza di diversi fattori misurabili coinvolti in uno scenario di contagio. Tuttavia, il modello ha una precisione limitata perché si basa su numeri ancora incerti, come quanti virus infettivi emette una persona infetta o la loro infettività. Il modello presuppone che le persone praticano il distanziamento fisico di due metri e che nessuna persona sia immune. Nel nostro calcolo assegniamo alle maschere il valore predefinito per la popolazione generale.
Testi di MARIANO ZAFRA e JAVIER SALAS - Video di Luis Almodóvar
Traduzione italiana di Elisabetta Dall'Oro
In condizioni reali, il contagio ha colpito l'87% dei presenti. Indossando le mascherine durante l'evento, il rischio sarebbe stato dimezzato. In una esibizione più breve e con maggiore areazione, solo due cantanti sarebbero stati contagiati.
Questi scenari super contagiosi sembrano sempre più decisivi nello sviluppo e nella diffusione della pandemia,. Per questo avere strumenti per prevenire infezioni massicce in eventi di questo tipo è fondamentale per controllare la diffusione del virus.
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Metodologia: Abbiamo calcolato il rischio di infezione da covid-19 utilizzando uno strumento sviluppato da José Luis Jiménez, un esperto di chimica e dinamica delle particelle nell'aria presso l'Università del Colorado. Altri colleghi di tutto il mondo hanno esaminato questo simulatore, che si basa su dati e metodi pubblicati per stimare l'importanza di diversi fattori misurabili coinvolti in uno scenario di contagio. Tuttavia, il modello ha una precisione limitata perché si basa su numeri ancora incerti, come quanti virus infettivi emette una persona infetta o la loro infettività. Il modello presuppone che le persone praticano il distanziamento fisico di due metri e che nessuna persona sia immune. Nel nostro calcolo assegniamo alle maschere il valore predefinito per la popolazione generale.
Testi di MARIANO ZAFRA e JAVIER SALAS - Video di Luis Almodóvar
Traduzione italiana di Elisabetta Dall'Oro