Sebbene in Italia si stimi che il 10-20% soffra della Sindrome dell'Intestino Irritabile ( o Sindrome del Colon Irritabile, più impropriamente definita anche come "colite") , c'è ancora molta confusione su questa condizione, sia in termini di inquadramento del problema sia nella definizione dei trattamenti più opportuni. In questo contesto, non è improbabile che idee sbagliate prendano piede sostituendo le opinioni ai fatti. Se soffri di problemi intestinali collegabili alla Sindrome del Colon Irritabile, dovresti conoscere la verità su 7 falsi miti collegati a questi disturbi. MITO n. 1 - La Sindrome del Colon Irritabile non è un problema a cui dare pesoLa Sindrome del Colon Irritabile può influenzare in modo significativo la qualità della vita, la carriera lavorativa, le relazioni e molti altri aspetti della vita di chi ne è affetto. Sottostimare le implicazioni collegate a questa condizione in seguito ad un approccio non approfondito del proprio medico ("sarà un po' di stress") o degli stessi familiari ("ma non ti preoccupare... cosa vuoi che sia un po' di gonfiore di pancia....") è un errore piuttosto comune. Eppure disturbi come diarree improvvise o spasmi intestinali dovuti ad un eccesso di gas intestinali possono risultare spesso limitanti di molte azioni quotidiane. Chi ha superato molti dei disturbi acuti della Sindrome del Colon Irritabile rimase spesso incredulo di fronte ai progressi che è riuscito ad ottenere dopo l'aiuto di uno specialista. Poter uscire a mangiare una pizza con gli amici o riprendere a poter fare molte attività di routine senza il pensiero di correre al bagno o di fermarsi per i dolori intestinali è un sollievo che può cambiare la vita di una persona. |
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Visto l'interesse scientifico e la chiarezza dei contenuti presentati, ripropongo in italiano l'articolo "Un salón, un bar y una clase: así contagia el coronavirus en el aire " pubblicato sulla versione on line de El Paìs in data 28 ottobre 2020
Sostare negli ambienti chiusi rappresenta una delle situazioni più pericolose per il contagio da Sars-Cov-2, ma i rischi possono essere ridotti al minimo mettendo in atto tutte le misure disponibili per contrastare il contagio da aerosol.
In questo articolo vengono prese in esame le probabilità di contagio da Covid-19 in tre differenti scenari quotidiani a seconda della ventilazione, dell'uso di mascherine e della durata della permanenza nel locale.
In questo articolo vengono prese in esame le probabilità di contagio da Covid-19 in tre differenti scenari quotidiani a seconda della ventilazione, dell'uso di mascherine e della durata della permanenza nel locale.
Sala o salotto
Sei persone si riuniscono in una casa, una delle quali è infetta. Il 31% dei focolai conosciuti in Spagna si verifica in questo tipo di incontro sociale, soprattutto negli incontri con la famiglia e gli amici.
Indipendentemente dalla distanza, se passassero quattro ore senza mascherine o ventilazione e senza parlare ad alta voce, le altre cinque persone si contagerebbero (secondo il modello scientifico spiegato nella metodologia).
In caso di utilizzo di mascherine, tale rischio si ridurrebbe a quattro contagiati.
Le mascherine da sole non evitano il contagio se l'esposizione è molto lunga.
Le mascherine da sole non evitano il contagio se l'esposizione è molto lunga.
Il rischio di infezione si riduce al di sotto di una persona infetta quando il gruppo utilizza le mascherine, riduce della metà la durata dell'incontro e inoltre arieggia il locale .
Il Sars-Cov-2 si diffonde nell'aria, soprattutto negli ambienti interni.
Non è contagioso come il morbillo, ma gli scienziati già riconoscono apertamente il ruolo che il contagio da aerosol gioca nella pandemia, minuscole particelle contagiose che una persona malata espira e che rimangono sospese nell'aria in ambienti chiusi.
Come funziona questa modalità di contagio? E soprattutto, come affrontarla?
Non è contagioso come il morbillo, ma gli scienziati già riconoscono apertamente il ruolo che il contagio da aerosol gioca nella pandemia, minuscole particelle contagiose che una persona malata espira e che rimangono sospese nell'aria in ambienti chiusi.
Come funziona questa modalità di contagio? E soprattutto, come affrontarla?
In questo momento, le autorità sanitarie riconoscono tre modalità di contagio del covid:
- attraverso le gocce che gli infetti espellono quando parlano o tossiscono, che finiscono negli occhi, nella bocca o nel naso della persona infetta.;
- attraverso le superfici contaminate, sebbene i Centri Statunitensi per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (CDC) indichino che questo caso sia il meno probabile e il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie avverte che non è stato descritto nemmeno un contagio in quel modo.
- attraverso gli aerosol, inspirando queste particelle infettive invisibili che una persona malata espira e che si comportano come il fumo quando escono dalla bocca. Senza ventilazione, rimangono sospese e si condensano nella stanza col passare del tempo.
- attraverso le gocce che gli infetti espellono quando parlano o tossiscono, che finiscono negli occhi, nella bocca o nel naso della persona infetta.;
- attraverso le superfici contaminate, sebbene i Centri Statunitensi per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (CDC) indichino che questo caso sia il meno probabile e il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie avverte che non è stato descritto nemmeno un contagio in quel modo.
- attraverso gli aerosol, inspirando queste particelle infettive invisibili che una persona malata espira e che si comportano come il fumo quando escono dalla bocca. Senza ventilazione, rimangono sospese e si condensano nella stanza col passare del tempo.
Respirare, parlare e urlare sono potenzialmente contagiosi
All'inizio della pandemia, si riteneva che il principale veicolo di contagio fossero quelle grosse goccioline che espelliamo tossendo o starnutendo.
Tuttavia, ora sappiamo che anche urlare o cantare a lungo in uno spazio chiuso e scarsamente ventilato genera un alto rischio di contagio.
Ciò accade perché quando parliamo a pieni polmoni vengono rilasciate 50 volte più particelle cariche di virus rispetto a quando siamo in silenzio.
Questi aerosol, se non dispersi con la ventilazione, si concentrano nel tempo aumentando il rischio di contagio.
Gli scienziati hanno dimostrato che queste particelle, che liberiamo anche quando respiriamo o con mascherine mal posizionate, possono essere contagiose entro cinque metri da una persona infetta e per molti minuti, a seconda delle condizioni.
Queste sono le situazioni che riproduciamo in questi esempi e che dovrebbero essere evitate a tutti i costi.
All'inizio della pandemia, si riteneva che il principale veicolo di contagio fossero quelle grosse goccioline che espelliamo tossendo o starnutendo.
Tuttavia, ora sappiamo che anche urlare o cantare a lungo in uno spazio chiuso e scarsamente ventilato genera un alto rischio di contagio.
Ciò accade perché quando parliamo a pieni polmoni vengono rilasciate 50 volte più particelle cariche di virus rispetto a quando siamo in silenzio.
Questi aerosol, se non dispersi con la ventilazione, si concentrano nel tempo aumentando il rischio di contagio.
Gli scienziati hanno dimostrato che queste particelle, che liberiamo anche quando respiriamo o con mascherine mal posizionate, possono essere contagiose entro cinque metri da una persona infetta e per molti minuti, a seconda delle condizioni.
Queste sono le situazioni che riproduciamo in questi esempi e che dovrebbero essere evitate a tutti i costi.
In primavera, le autorità sanitarie hanno ignorato questa via di infezione, ma recenti pubblicazioni scientifiche hanno costretto l'Organizzazione Mondiale della Sanità o il CDC a riconoscere questo rischio.
Un articolo su Science parla di prove "schiaccianti" e il CDC osserva che " in determinate condizioni , le persone con Covid-19 possono infettare altri soggetti anche qualora si trovino a più di due metri di distanza.
Questo tipo di contagi sono avvenute all'interno di spazi chiusi con ventilazione inadeguata. A volte la persona infetta respirava profondamente, ad esempio quando cantava o si allenava.
Un articolo su Science parla di prove "schiaccianti" e il CDC osserva che " in determinate condizioni , le persone con Covid-19 possono infettare altri soggetti anche qualora si trovino a più di due metri di distanza.
Questo tipo di contagi sono avvenute all'interno di spazi chiusi con ventilazione inadeguata. A volte la persona infetta respirava profondamente, ad esempio quando cantava o si allenava.
Un bar o un ristorante
I focolai scoppiati in eventi, all'interno di locali come bar e ristoranti rappresentano una parte importante dei contagii nella sfera sociale.
In particolare, sono proprio queste le situazioni più "esplosive": ogni focolaio in una discoteca presuppone in media 27 persone contagiate, contro solo 6 contagi in incontri familiari, come quelli presi in esame all'inizio.
Come esempio di quello che può essere uno di questi super contagi, abbiamo preso a riferimento quello che è successo in una discoteca di Cordoba, con 73 infetti dopo una serata O il contagio di 12 clienti in un bar del Vietnam, recentemente analizzato dai ricercatori.
I focolai scoppiati in eventi, all'interno di locali come bar e ristoranti rappresentano una parte importante dei contagii nella sfera sociale.
In particolare, sono proprio queste le situazioni più "esplosive": ogni focolaio in una discoteca presuppone in media 27 persone contagiate, contro solo 6 contagi in incontri familiari, come quelli presi in esame all'inizio.
Come esempio di quello che può essere uno di questi super contagi, abbiamo preso a riferimento quello che è successo in una discoteca di Cordoba, con 73 infetti dopo una serata O il contagio di 12 clienti in un bar del Vietnam, recentemente analizzato dai ricercatori.
In questo bar la capacità è ridotta della metà, con 15 persone che consumano e tre dipendenti.
Le porte sono chiuse e non c'è ventilazione meccanica.
Le porte sono chiuse e non c'è ventilazione meccanica.
Nel peggiore dei casi, senza prendere alcuna misura di precauzione, dopo quattro ore verrebbero infettati 14 persone.
Se le persone indossassero permanentemente le mascherine, la probabilità scenderebbe a 8 infezioni.
Ventilando i locali, cosa che può essere fatta con un buon impianto di condizionamento, e se il tempo trascorso al bar si accorciasse , la probabilità di contagio precipiterebbe a una sola persona.
La scuola
I centri educativi rappresentano solo il 6% dei focolai individuati dalle autorità sanitarie.
Le dinamiche di contagio da aerosol in classe sono molto diverse se il "paziente zero" è uno studente o un insegnante.
Gli insegnanti parlano molto più a lungo, alzando la voce per essere ascoltati, il che moltiplica l'espulsione di particelle potenzialmente contagiose. In confronto, uno scolaro infetto parla molto più sporadicamente.
Il governo spagnolo ha già raccomandato, con una guida del CSIC , che le aule siano arieggiate anche superando il disagio del freddo o che vengano utilizzate apparecchiature di ventilazione.
I centri educativi rappresentano solo il 6% dei focolai individuati dalle autorità sanitarie.
Le dinamiche di contagio da aerosol in classe sono molto diverse se il "paziente zero" è uno studente o un insegnante.
Gli insegnanti parlano molto più a lungo, alzando la voce per essere ascoltati, il che moltiplica l'espulsione di particelle potenzialmente contagiose. In confronto, uno scolaro infetto parla molto più sporadicamente.
Il governo spagnolo ha già raccomandato, con una guida del CSIC , che le aule siano arieggiate anche superando il disagio del freddo o che vengano utilizzate apparecchiature di ventilazione.
La situazione più pericolosa si verificherebbe in un'aula non ventilata in cui la persona infetta fosse l'insegnante (paziente 0).
Se passassero due ore in classe con un insegnante infetta, senza adottare alcuna misura di prevenzione contro gli aerosol, la probabilità di contagio si alzerebbe a 12 studenti.
Se tutti indossassero una mascherina, le probabilità di contagio si ridurrebbero a 5 studenti.
In focolai reali è stato osservato che la distribuzione dei contagi è casuale, poiché gli aerosol si accumulano e si distribuiscono in tutta la stanza senza ventilazione.
In focolai reali è stato osservato che la distribuzione dei contagi è casuale, poiché gli aerosol si accumulano e si distribuiscono in tutta la stanza senza ventilazione.
Se dopo un'ora di lezione ci si fermasse per rinnovare completamente l'aria (naturalmente o meccanicamente), il rischio si attenuerebbe.
Per calcolare le probabilità di contagio delle persone presenti in situazioni di rischio, utilizziamo un simulatore sviluppato da un gruppo di scienziati, guidato dal professor José Luis Jiménez (Università del Colorado), creato con l'intento di mostrare l'importanza dei fattori che ostacolano la diffusione degli aerosol.
Il calcolo non è esaustivo né può comprendere le innumerevoli variabili che concorrono al contagio, ma serve ad illustrare l'andamento dei rischi in base ai fattori sui quali possiamo intervenire.
I soggetti mantengono una distanza di sicurezza nelle simulazioni, eliminando il rischio di contagio da goccioline, ma possono comunque infettarsi se non agiscono aggiungendo tutte le misure contemporaneamente: ventilare correttamente, accorciare gli incontri, ridurre la capacità e indossare mascherine.
In tutti i contesti, lo scenario ideale sarebbe all'aperto, dove le particelle infettive si diradano rapidamente.
I calcoli mostrati nei tre scenari si basano su studi su come si verificano le infezioni da aerosol, con focolai reali che sono stati analizzati in dettaglio. Un caso molto utile per comprendere le dinamiche del contagio indoor è stato sperimentato durante le prove del coro nello Stato di Washington (USA) a marzo.
Solo 61 dei 120 membri del coro hanno assistito alle prove e hanno cercato di mantenere le distanze e l'igiene. Senza saperlo, hanno causato uno scenario di massimo rischio: niente mascherine, niente ventilazione, canto e condivisione dello spazio per molto tempo.
Un singolo infettato da covid, paziente zero, ha infettato 53 persone in due ore e mezza. Alcuni di quelli infetti erano a 14 metri dietro di loro, quindi solo gli aerosol possono spiegare il contagio. Due dei malati sono morti.
Il calcolo non è esaustivo né può comprendere le innumerevoli variabili che concorrono al contagio, ma serve ad illustrare l'andamento dei rischi in base ai fattori sui quali possiamo intervenire.
I soggetti mantengono una distanza di sicurezza nelle simulazioni, eliminando il rischio di contagio da goccioline, ma possono comunque infettarsi se non agiscono aggiungendo tutte le misure contemporaneamente: ventilare correttamente, accorciare gli incontri, ridurre la capacità e indossare mascherine.
In tutti i contesti, lo scenario ideale sarebbe all'aperto, dove le particelle infettive si diradano rapidamente.
I calcoli mostrati nei tre scenari si basano su studi su come si verificano le infezioni da aerosol, con focolai reali che sono stati analizzati in dettaglio. Un caso molto utile per comprendere le dinamiche del contagio indoor è stato sperimentato durante le prove del coro nello Stato di Washington (USA) a marzo.
Solo 61 dei 120 membri del coro hanno assistito alle prove e hanno cercato di mantenere le distanze e l'igiene. Senza saperlo, hanno causato uno scenario di massimo rischio: niente mascherine, niente ventilazione, canto e condivisione dello spazio per molto tempo.
Un singolo infettato da covid, paziente zero, ha infettato 53 persone in due ore e mezza. Alcuni di quelli infetti erano a 14 metri dietro di loro, quindi solo gli aerosol possono spiegare il contagio. Due dei malati sono morti.
Dopo aver studiato attentamente questo focolaio, gli scienziati sono stati in grado di calcolare in che misura il rischio sarebbe stato ridotto se avessero agito contro il contagio aereo.
In condizioni reali, il contagio ha colpito l'87% dei presenti. Indossando le mascherine durante l'evento, il rischio sarebbe stato dimezzato. In una esibizione più breve e con maggiore areazione, solo due cantanti sarebbero stati contagiati.
Questi scenari super contagiosi sembrano sempre più decisivi nello sviluppo e nella diffusione della pandemia,. Per questo avere strumenti per prevenire infezioni massicce in eventi di questo tipo è fondamentale per controllare la diffusione del virus.
Se apprezzi informazioni come questa che hai appena letto, sostieni EL PAÍS. Fallo cliccando qui
Metodologia: Abbiamo calcolato il rischio di infezione da covid-19 utilizzando uno strumento sviluppato da José Luis Jiménez, un esperto di chimica e dinamica delle particelle nell'aria presso l'Università del Colorado. Altri colleghi di tutto il mondo hanno esaminato questo simulatore, che si basa su dati e metodi pubblicati per stimare l'importanza di diversi fattori misurabili coinvolti in uno scenario di contagio. Tuttavia, il modello ha una precisione limitata perché si basa su numeri ancora incerti, come quanti virus infettivi emette una persona infetta o la loro infettività. Il modello presuppone che le persone praticano il distanziamento fisico di due metri e che nessuna persona sia immune. Nel nostro calcolo assegniamo alle maschere il valore predefinito per la popolazione generale.
Testi di MARIANO ZAFRA e JAVIER SALAS - Video di Luis Almodóvar
Traduzione italiana di Elisabetta Dall'Oro
In condizioni reali, il contagio ha colpito l'87% dei presenti. Indossando le mascherine durante l'evento, il rischio sarebbe stato dimezzato. In una esibizione più breve e con maggiore areazione, solo due cantanti sarebbero stati contagiati.
Questi scenari super contagiosi sembrano sempre più decisivi nello sviluppo e nella diffusione della pandemia,. Per questo avere strumenti per prevenire infezioni massicce in eventi di questo tipo è fondamentale per controllare la diffusione del virus.
Se apprezzi informazioni come questa che hai appena letto, sostieni EL PAÍS. Fallo cliccando qui
Metodologia: Abbiamo calcolato il rischio di infezione da covid-19 utilizzando uno strumento sviluppato da José Luis Jiménez, un esperto di chimica e dinamica delle particelle nell'aria presso l'Università del Colorado. Altri colleghi di tutto il mondo hanno esaminato questo simulatore, che si basa su dati e metodi pubblicati per stimare l'importanza di diversi fattori misurabili coinvolti in uno scenario di contagio. Tuttavia, il modello ha una precisione limitata perché si basa su numeri ancora incerti, come quanti virus infettivi emette una persona infetta o la loro infettività. Il modello presuppone che le persone praticano il distanziamento fisico di due metri e che nessuna persona sia immune. Nel nostro calcolo assegniamo alle maschere il valore predefinito per la popolazione generale.
Testi di MARIANO ZAFRA e JAVIER SALAS - Video di Luis Almodóvar
Traduzione italiana di Elisabetta Dall'Oro
Stanchezza, spossatezza, problemi intestinali, aumento di peso, disturbi del sonno, maggiore suscettibilità ad infezioni e ad allergie, sono solo alcuni dei segni associati alla cosidetta "infiammazione cronica silente".
L'infiammazione è un meccanismo attuato dal nostro organismo per difendersi da un danno di origine infettiva (virale o batterica), un trauma o un'intossicazione (da farmaci o sostanze tossicche) con lo scopo di elimnare l'agente lesivo e riparare il danno subito.
A seconda della durata e dei tessuti coinvolti l'infiammazione si può definire acuta o cronica.
In particolare, la ricerca ha evidenziato che la scomparsa dei classici evidenti sintomi di infiammazione (aumento della temperatura, arrossamento, edema e dolore) non è da considerarsi come risoluzione dello stato infiammatorio.
Possono infatti persistere in modo occulto diversi focolai infiammatori asintomatici che si accumulano nel percorso della vita e che possono condurre ad uno stato definito infiammazione cronica silente (ICS).
A scatenarla possono essere virus, batteri o traumi (basta pensare a cosa succede quando ci si sloga una caviglia), ma non solo.
Anche condizioni di salute come l’obesità o la pre-ipertensione, malfunzionamenti dei globuli bianchi, la presenza di un tumore, lo stress e alcune abitudini (fumare, non praticare abbastanza attività fisica, non dormire abbastanza o un’alimentazione poco equilibrata) possono portare allo sviluppo della cosiddetta infiammazione cronica, cioè a un significativo aumento dei livelli di infiammazione nell’organismo.
In particolare, con l’avanzare dell’età l’organismo può entrare in uno stato di infiammazione cronica di basso grado che non dipende da infezioni ma da fattori interni all’organismo stesso (come la presenza di proteine ossidate) o da altri fattori esterni (come l'eccesso calorico nell'alimentazione) che attivano il sistema immunitario in modo cronico e modificano il metabolismo.
Anche il microbiota intestinale (la flora batterica che vive nell’intestino umano) può dare il suo contributo.
L’aumento dell’aspettativa di vita costringe il sistema immunitario ad affrontare tutti questi fattori sempre più a lungo, aumentando la risposta infiammatoria.
Per di più con il passare del tempo la capacità del sistema immunitario di far terminare l’infiammazione diminuisce.
Tutto ciò promuove il cosiddetto inflammaging, l’infiammazione cronica di basso grado associata all’avanzare dell’età.
L’infiammazione cronica è infatti una delle cause principali dei problemi di salute tipicamente associati all’invecchiamento.
È per esempio associata all’aterosclerosi, cioè alla formazione di quelle placche nella parete delle arterie che possono favorire infarti e ictus.
Inoltre è stata associata a malattie come il diabete di tipo 2, l’osteoporosi, l’Alzheimer, il Parkinson e anche a tumori (per esempio al carcinoma epatocellulare, il cancro del colon e il tumore al polmone).
Per questo contrastarla può aiutare sia a vivere a lungo sia a farlo nel miglior stato di salute possibile.
Per iniziare a ridurre l'infiammazione cronica silente, è importante agire da subito sul tuo stile di vita, in particolare su cinque fattori fondamentali
L'infiammazione è un meccanismo attuato dal nostro organismo per difendersi da un danno di origine infettiva (virale o batterica), un trauma o un'intossicazione (da farmaci o sostanze tossicche) con lo scopo di elimnare l'agente lesivo e riparare il danno subito.
A seconda della durata e dei tessuti coinvolti l'infiammazione si può definire acuta o cronica.
In particolare, la ricerca ha evidenziato che la scomparsa dei classici evidenti sintomi di infiammazione (aumento della temperatura, arrossamento, edema e dolore) non è da considerarsi come risoluzione dello stato infiammatorio.
Possono infatti persistere in modo occulto diversi focolai infiammatori asintomatici che si accumulano nel percorso della vita e che possono condurre ad uno stato definito infiammazione cronica silente (ICS).
A scatenarla possono essere virus, batteri o traumi (basta pensare a cosa succede quando ci si sloga una caviglia), ma non solo.
Anche condizioni di salute come l’obesità o la pre-ipertensione, malfunzionamenti dei globuli bianchi, la presenza di un tumore, lo stress e alcune abitudini (fumare, non praticare abbastanza attività fisica, non dormire abbastanza o un’alimentazione poco equilibrata) possono portare allo sviluppo della cosiddetta infiammazione cronica, cioè a un significativo aumento dei livelli di infiammazione nell’organismo.
In particolare, con l’avanzare dell’età l’organismo può entrare in uno stato di infiammazione cronica di basso grado che non dipende da infezioni ma da fattori interni all’organismo stesso (come la presenza di proteine ossidate) o da altri fattori esterni (come l'eccesso calorico nell'alimentazione) che attivano il sistema immunitario in modo cronico e modificano il metabolismo.
Anche il microbiota intestinale (la flora batterica che vive nell’intestino umano) può dare il suo contributo.
L’aumento dell’aspettativa di vita costringe il sistema immunitario ad affrontare tutti questi fattori sempre più a lungo, aumentando la risposta infiammatoria.
Per di più con il passare del tempo la capacità del sistema immunitario di far terminare l’infiammazione diminuisce.
Tutto ciò promuove il cosiddetto inflammaging, l’infiammazione cronica di basso grado associata all’avanzare dell’età.
L’infiammazione cronica è infatti una delle cause principali dei problemi di salute tipicamente associati all’invecchiamento.
È per esempio associata all’aterosclerosi, cioè alla formazione di quelle placche nella parete delle arterie che possono favorire infarti e ictus.
Inoltre è stata associata a malattie come il diabete di tipo 2, l’osteoporosi, l’Alzheimer, il Parkinson e anche a tumori (per esempio al carcinoma epatocellulare, il cancro del colon e il tumore al polmone).
Per questo contrastarla può aiutare sia a vivere a lungo sia a farlo nel miglior stato di salute possibile.
Per iniziare a ridurre l'infiammazione cronica silente, è importante agire da subito sul tuo stile di vita, in particolare su cinque fattori fondamentali
I CINQUE METODI ANTINFIAMMATORI
1. Scegli una alimentazione antinfiammatoria.
Il cibo è un veicolo fondamentale di buona salute e energia.
La tipologia di alimenti di cui ci si nutre, ma anche i metodi di cottura possono influire sullo stato di infiammazione.
Prediligi per quanto possibile, cibi semplici e poco lavorati, il più vicino possibile a come si presentano in natura.: qualsiasi piatto industrale con più di cinque ingredienti dovrebbe essere guardato con sospetto.
Mangia più verdure, variando spesso la varietà ed aumenta il consumo di proteine "nobili", come pesce, uova, legumi e pollame (indispensabili per costruire cellule, tessuti connettivi e muscoli).
Al contrario, riduci il consumo di farine, zuccheri raffinati, grassi saturi e idrogenati.
Le modalità di cottura del cibo sono inoltre determinanti per preservare le proprietà degli alimenti e per evitare la produzione di sostanze nocive durante la trasformazione dei cibi.
Prediligi per questo cotture brevi in umido o al vapore.
Insaporisci le pietanze con combinazioni di spezie, riducendo al contempo il consumo di sale.
2. Tieni sotto controllo il livello di zuccheri nel sangue.
Resistere alla tentazione di un alimento ricco di zuccheri non è facile: il nostro organismo è stato programmato geneticamente per fare riserva di cibi "dolci".
Purtroppo, rispetto a 70.000 anni fa, al momento non rischiamo periodi di assenza prolungata dalle fonti di cibo, ma dobbiamo lottare con l'istinto che ci è stato attribuito di immagazzinare zuccheri (che peraltro rispetto ai tempi dell'Homo Sapiens sono molto più raffinati).
Evita quindi di tenere a portata di mano biscotti, gelati, bibite zuccherate, succhi di frutta, merendine: il sistema più sicuro per resistere agli zuccheri è non averli a portata di mano.
Rimodula le tue colazioni verificando di introdurre quantità adeguata di proteine, grassi buoni, frutta e semi oleosi.
Seleziona preferibilmente i carboidrati "complessi", tra cui avena, grano saraceno, patate dolci, quinoa, riso integrale e se ami il grano, scegli preferibilmente pasta e pane preparati con il lievito madre, la cui fermentazione riduce il glutine.
Anche nei restanti pasti giornalieri, fai in modo di consumare insieme ai carboidrati tutti gli altri macronutrienti (proteine e grassi).
Iniziare dalla verdura, proseguendo con proteine e grassi e solo in un secondo momento i carboidrati permette di innalzare i livelli di insulina in modo più graduale con il vantaggio di stimolare maggiormente il senso di sazietà.
3. Resta in movimento ogni giorno.
Sfruttare ogni occasione che abbiamo a disposizione per fare attività fisica diminusice l'infiammazione nel corpo.
E' essenziale fare movimento tutti i giorni, adattando la tipologia di attività fisica in base ai ritmi della giornata, alla propria agenda e alle necessità familiari.
Per molti, sembra una sfida impossibile, eppure è solo questione di metodo, di abitudini, di volontà.
Camminare è fondamentale. Almeno 7000 passi giornalieri sono la base su cui fondare la propria salute.
L'esercizio aerobico, ovvero qualcosa che ti faccia sudare, è inoltre particolarmente postivo per la salute.
Non va però dimenticato (due volte a settimana è il minimo richiesto) l'allenamento sulla forza muscolare che faciliterà la comunicazione con il sistema immunitario e soprattutto agirà in senso antiinvecchiamento.
Su questo argomento, la scusa della mancanza di tempo è sempre dietro l'angolo.
Verifica quante ore trascorri sui social, ad esempio, e inizia a pianificare la tua attività fisica con qualcuno che ti guidi: scoprirai che non è il tempo il fattore che ti manca.
4. Combatti lo stress
Lo stress aumenta l'infiammazione attraverso la produzione del cortisolo, un ormone che produce l'organismo durante le sollecitazioni esterne.
Imparare a controllare i propri livelli di stress è fondamentale.
Per questo, diventa importante pianificare i propri tempi di recupero ottimizzando durata e qualità del sonno.
Sforzati di andare a letto entro le undici di sera in modo da mantenere al minimo i livelli di cortisolo e migliorare la produzione della melatonina (un ormone che ottimizza il ritmo sonno veglia).
Viviamo in un'era di grandi sollecitazioni mentali.: ritmi di vita, stimoli visivi, competizioni lavorative, informazioni continue.
Rispetto al nostro antenato Homo Sapiens siamo continuamente in uno stato di ipervigilanza.
Per questo, diventa fondamentale imparare qualche tecnica per migliorare la propria resistenza allo stress.
La respirazione profonda e la meditazione dovrebbero diventare parte integrante delle nostre giornate per aiutarci a resistere con più efficacia ai ritmi esasperanti della vita moderna.
5. Impara la gratitudine
Vivere perennemente in contrasto tra i propri comportamenti e i propri bisogni aumenta notevolmente lo stress.
Per ritrovare il giusto equilibrio, uno dei metodi più opportuni per imparare a comunicare con te stesso è tenere un diario quotidiano.
Scrivere quotidianamente i propri pensieri e appuntare alcune situazioni di cui essere grato è una tecnica scientificamente validata per aiutarsi a ritrovare un certo benessere interiore, focalizzare le proprie aspettative ed i propri obiettivi, aumentare l'autostima, rafforzare l'autodisciplina, stimolare l'intelligenza emotiva, migliorare la comunicazione interpersonale.
Ti sembra impossibile, vero?
Eppure numerosi studi clinici sullo strumento del diario hanno dimosrato proprio questi benefici.
Mi rendo conto che mettere in pratica tutti questi principi è più facile a dirsi che a farsi, specie se fino ad ora non ti sei mai preoccupato delle conseguenze del tuo stile di vita sulla tua salute.
Tuttavia, se sei una persona che insegue il proprio benessere come obiettivo primario, ti assicuro che è solo una questione di metodo e priorità.
Se vuoi saperne di più continua a seguirmi in questo blog.
Da qualche settimana in rete si fa un gran parlare di un integratore che sembrerebbe in grado di ostacolare l'infezione da Sars-Cov-2: la lattoferrina.
Vediamo insieme cosa c'è di vero in questa notizia e soprattutto a che punto è la ricerca sull'utilizzo della lattoferrina come integratore con attività immunomodulatrice.
CARATTERISTICHE DELLA LATTOFERRINA
La lattoferrina è una glicoproteina che appartiene alla famiglia della lattoferrine che trasportano ferro, anche denominate transferrine, originariamente isolata dal latte bovino, in cui si trova come componente proteica minore all'interno delle proteine del siero del latte.
La lattoferrina è considerata una proteina multifunzionale con più ruoli biologici e uno tra i più importanti fattori dell’immunità naturale non anticorpale.
Vista la sua capacità di legare il ferro, si pensa che la lattoferrina possa rappresentare la fonte di ferro per i neonati allattati al seno.
ATTIVITA' DELLA LATTOFERRINA
La lattoferrina inoltre esplicherebbe proprietà antibatteriche, antivirali, antifungine, antinfiammatorie, antiossidanti e immunostimolanti.
La possibile attività antibatterica è attribuibile in parte alla sua capacità di legare stabilmente il ferro che è essenziale per favorire la crescita dei batteri patogeni.
L'effetto antivirale potrebbe invece essere giustificato dalla sua azione inibente la fusione tra il virus e la cellula e pertanto dell'ingresso del virus nella stessa.
Una serie di studi condotti in vitro e su modelli animali hanno dimostrato che la lattoferrina esercita effetti fungicidi e battericidi.
Questa molecola possiede un'efficacia significativa nei confronti di Escherichi coli, Proteus mirabilis, Staphilococcus aureus, Candida albicans e altri germi patogeni.
In vitro, la lattoferrina ha dimostrato un'efficacia significativa nei confronti dei virus HIV, herpes simplex tipo I, dell'epatite C, citomegalovirus ed alcuni altri.
Mancano tuttavia studi clinici adeguati al riguardo.
COVID-19 E LATTOFERRINA
Prendendo spunto da queste indicazioni, un team di ricercatori italiani del Policlinico Tor Vergata, ha dato il via ad uno studio clinico per i pazienti Covid-19 paucisintomatici ed asintomatici per valutare l’efficacia e la sicurezza di una formulazione innovativa di lattoferrina, somministrata per uso orale e ed intranasale.
Questo trial clinico è stato, secondo il team di ricercatori, il primo approvato, sull’utilizzo della lattoferrina nei pazienti Covid positivi a livello nazionale ed internazionale.
I risultati ottenuti nei pazienti (ancora da pubblicare) avrebbero dimostrato l’efficacia della lattoferrina nel favorire, senza effetti avversi, la remissione dei sintomi clinici nei pazienti Covid-19 positivi sintomatici (ricordo sempre che si trattava di pazienti asintomatici o paucisintomatici) e la negativizzazione del tampone già dopo 12 giorni dal trattamento.
I ricercatori, inoltre sostengono che anche dagli esami ematici si siano osservati risultati notevoli che saranno presto pubblicati.
In sintesi è stata somministrata la lattoferrina a due gruppi di pazienti: a un gruppo appartenevano persone asintomatiche positivi al tampone, all’altro gruppo persone paucisintomatiche (cioè con CoVid-19 in forma lieve).
I risultati ottenuti sembrerebbero incoraggianti: scomparsa dei sintomi nel secondo gruppo e negativizzazione del tampone in tutti i gruppi.
La lattoferrina non è stata sperimentata però nelle forme di CoVid-19 più severe (con polmonite interstiziale), quindi attualmente è tutto ancora in fase di ipotesi per quanto riguarda il suo effetto curativo nei malati gravi.
Allo stesso tempo, il gruppo di ricerca di Tor Vergata ha ipotizzato che la lattoferrina possa ostacolare il Coronavirus (Sars-CoV-2), subito dopo il suo ingresso nell’organismo, prima che infetti le cellule e, quindi, scateni la malattia.
Anche questo aspetto dovrebbe essere confermato e studiato più nel dettaglio nei prossimi mesi.
QUALCHE CONSIDERAZIONE
Prima di lasciarci andare a facili entusiasmi, credo sia però opportuno fare qualche considerazione più approfondita.
Cominciamo sottolineando innazitutto, che lo studio del Tor Vergata deve essere ancora pubblicato: stiamo parlando di ipotesi o tutt'al più di qualche risultato preliminare ancora da confermare in un numero di pazienti non molto elevato.
L'unica pubblicazione attualmente disponibile è una revisione delle proprietà della lattoferrina con cui il team del Tor Vergata propone di progettare uno studio clinico per valutare e verificare il suo effetto nei pazienti positivi al Covid-19 utilizzando un trattamento di duplice combinazione con una formulazione spray intranasale locale e solubilizzata e somministrazione orale.
Questo studio è stato pubblicato sull’International Journal of Molecular Sciences, una rivista open access, non di eccelsa qualità ( l'impact factor era di 4.183 nel 2018 – quello di Nature, ad esempio, era 42.778).
Puoi leggere lo studio completo a questo link su MDPI..
Già nell'abstract è evidente che non si tratta di uno studio vero e proprio, ma piuttosto di una revisione degli studi disponibili sulla lattoferrina per formulare un razionale di impiego nella malattia da Covid-19..
La ricerca vera e propria sui pazienti iniziata a maggio 2020 dagli stessi ricercatori non è stata infatti ancora pubblicata nemmeno in pre-print (non è disponibile in alcun modo e non è ancora stata verificata da altri scienziati) e quindi stiamo parlando di dati preliminari ancora non verificati.
Peraltro, nelle conclusioni della pubblicazione, sono proprio gli stessi ricercatori che affermano di ritenere che sia necessario uno studio clinico (che infatti non è ancora concluso) e dicono che la lattoferrina “potrebbe essere usata in pazienti asintomatici o lievemente sintomatici per prevenire il peggioramento della SARS-CoV2”.
Dobbiamo anche considerare che la maggior parte delle possibili azioni della lattogerrina assunta per via orale potrebbe essere circoscritta nell'intestino.
Consci di questa caratteristica, i ricercati del Tor Vergata hanno infatti proposto la progettazione di uno studio clinico per valutare e verificare l'effetto della lattoferrina utilizzando un trattamento di duplice combinazione con formulazione spray intranasale locale e solubilizzata e somministrazione orale".
Estendere quindi gli eventuali risultati incoraggianti dello studio alla sola somministrazione orale (così come fatto da diverse aziende di integratori in capsule o compresse) è pertanto qualcosa che non è corretto fare dal punto di vista scientifico.
Nei ringraziamenti della revisione in questione infine gli autori menzionano una azienda sponsor che ha fornito proprio il tipo di lattoferinna liposomiale con cui è stato condotto lo studio.
Nulla di straordinario, ben intenso, ma in casi come questo è bene essere cauti ed aspettare quindi conferme più solide ed indipendenti.
RIASSUMENDO...
L'utilizzo di integratori di vario tipo nella prevenzione delle infezioni respiratorie e nei malanni dell'inverno è senza dubbio affascinante.
La letteratura scientifica però ci insegna che non sempre quello che è stato dimostrato in vitro trova una corrispondenza clinica rilevante anche sull'uomo.
Il marketing e gli interessi dei produttori portano spesso a conclusioni fuorvianti.
La notizia dello studio del Tor Vergata sulla lattoferrina come integrazione utile nel trattamento delle forme più lievi di Covid-19 deve essere pertanto presa con le pinze in attesa di evidenze più solide e soprattutto verificate dalla comunità scientifica.
Se davvero sei interessato a ottimizzare le tue difese immunitarie, ti consiglio di iniziare a lavorare innanzitutto sul tuo stile di vita.
Alimentazione bilanciata, attività fisica moderata e costante, riduzione dello stress, ottimizzazione dei ritmi circadiani e buona qualità del sonno possono aiutarti a mantenere efficiente il tuo sistema immunitario.
L'industria alimentare e la società dei consumi ci impongono abitudini errate che sono molto più impattanti sulla nostra salute di un qualsiasi rimedio "immunostimolante".
Qualsiasi forma di integrazione non può prescindere da uno stile di vita ottimale e soprattutto deve essere presa in considerazione sulla base di eventuali carenze (o microcarenze) personali da valutare persona per persona e non sulla base di affascinanti e spesso discutibili proposte di marketing.
Dott. Francesco Fratto
Farmacista e Lifestyle Trainer
Vediamo insieme cosa c'è di vero in questa notizia e soprattutto a che punto è la ricerca sull'utilizzo della lattoferrina come integratore con attività immunomodulatrice.
CARATTERISTICHE DELLA LATTOFERRINA
La lattoferrina è una glicoproteina che appartiene alla famiglia della lattoferrine che trasportano ferro, anche denominate transferrine, originariamente isolata dal latte bovino, in cui si trova come componente proteica minore all'interno delle proteine del siero del latte.
La lattoferrina è considerata una proteina multifunzionale con più ruoli biologici e uno tra i più importanti fattori dell’immunità naturale non anticorpale.
Vista la sua capacità di legare il ferro, si pensa che la lattoferrina possa rappresentare la fonte di ferro per i neonati allattati al seno.
ATTIVITA' DELLA LATTOFERRINA
La lattoferrina inoltre esplicherebbe proprietà antibatteriche, antivirali, antifungine, antinfiammatorie, antiossidanti e immunostimolanti.
La possibile attività antibatterica è attribuibile in parte alla sua capacità di legare stabilmente il ferro che è essenziale per favorire la crescita dei batteri patogeni.
L'effetto antivirale potrebbe invece essere giustificato dalla sua azione inibente la fusione tra il virus e la cellula e pertanto dell'ingresso del virus nella stessa.
Una serie di studi condotti in vitro e su modelli animali hanno dimostrato che la lattoferrina esercita effetti fungicidi e battericidi.
Questa molecola possiede un'efficacia significativa nei confronti di Escherichi coli, Proteus mirabilis, Staphilococcus aureus, Candida albicans e altri germi patogeni.
In vitro, la lattoferrina ha dimostrato un'efficacia significativa nei confronti dei virus HIV, herpes simplex tipo I, dell'epatite C, citomegalovirus ed alcuni altri.
Mancano tuttavia studi clinici adeguati al riguardo.
COVID-19 E LATTOFERRINA
Prendendo spunto da queste indicazioni, un team di ricercatori italiani del Policlinico Tor Vergata, ha dato il via ad uno studio clinico per i pazienti Covid-19 paucisintomatici ed asintomatici per valutare l’efficacia e la sicurezza di una formulazione innovativa di lattoferrina, somministrata per uso orale e ed intranasale.
Questo trial clinico è stato, secondo il team di ricercatori, il primo approvato, sull’utilizzo della lattoferrina nei pazienti Covid positivi a livello nazionale ed internazionale.
I risultati ottenuti nei pazienti (ancora da pubblicare) avrebbero dimostrato l’efficacia della lattoferrina nel favorire, senza effetti avversi, la remissione dei sintomi clinici nei pazienti Covid-19 positivi sintomatici (ricordo sempre che si trattava di pazienti asintomatici o paucisintomatici) e la negativizzazione del tampone già dopo 12 giorni dal trattamento.
I ricercatori, inoltre sostengono che anche dagli esami ematici si siano osservati risultati notevoli che saranno presto pubblicati.
In sintesi è stata somministrata la lattoferrina a due gruppi di pazienti: a un gruppo appartenevano persone asintomatiche positivi al tampone, all’altro gruppo persone paucisintomatiche (cioè con CoVid-19 in forma lieve).
I risultati ottenuti sembrerebbero incoraggianti: scomparsa dei sintomi nel secondo gruppo e negativizzazione del tampone in tutti i gruppi.
La lattoferrina non è stata sperimentata però nelle forme di CoVid-19 più severe (con polmonite interstiziale), quindi attualmente è tutto ancora in fase di ipotesi per quanto riguarda il suo effetto curativo nei malati gravi.
Allo stesso tempo, il gruppo di ricerca di Tor Vergata ha ipotizzato che la lattoferrina possa ostacolare il Coronavirus (Sars-CoV-2), subito dopo il suo ingresso nell’organismo, prima che infetti le cellule e, quindi, scateni la malattia.
Anche questo aspetto dovrebbe essere confermato e studiato più nel dettaglio nei prossimi mesi.
QUALCHE CONSIDERAZIONE
Prima di lasciarci andare a facili entusiasmi, credo sia però opportuno fare qualche considerazione più approfondita.
Cominciamo sottolineando innazitutto, che lo studio del Tor Vergata deve essere ancora pubblicato: stiamo parlando di ipotesi o tutt'al più di qualche risultato preliminare ancora da confermare in un numero di pazienti non molto elevato.
L'unica pubblicazione attualmente disponibile è una revisione delle proprietà della lattoferrina con cui il team del Tor Vergata propone di progettare uno studio clinico per valutare e verificare il suo effetto nei pazienti positivi al Covid-19 utilizzando un trattamento di duplice combinazione con una formulazione spray intranasale locale e solubilizzata e somministrazione orale.
Questo studio è stato pubblicato sull’International Journal of Molecular Sciences, una rivista open access, non di eccelsa qualità ( l'impact factor era di 4.183 nel 2018 – quello di Nature, ad esempio, era 42.778).
Puoi leggere lo studio completo a questo link su MDPI..
Già nell'abstract è evidente che non si tratta di uno studio vero e proprio, ma piuttosto di una revisione degli studi disponibili sulla lattoferrina per formulare un razionale di impiego nella malattia da Covid-19..
La ricerca vera e propria sui pazienti iniziata a maggio 2020 dagli stessi ricercatori non è stata infatti ancora pubblicata nemmeno in pre-print (non è disponibile in alcun modo e non è ancora stata verificata da altri scienziati) e quindi stiamo parlando di dati preliminari ancora non verificati.
Peraltro, nelle conclusioni della pubblicazione, sono proprio gli stessi ricercatori che affermano di ritenere che sia necessario uno studio clinico (che infatti non è ancora concluso) e dicono che la lattoferrina “potrebbe essere usata in pazienti asintomatici o lievemente sintomatici per prevenire il peggioramento della SARS-CoV2”.
Dobbiamo anche considerare che la maggior parte delle possibili azioni della lattogerrina assunta per via orale potrebbe essere circoscritta nell'intestino.
Consci di questa caratteristica, i ricercati del Tor Vergata hanno infatti proposto la progettazione di uno studio clinico per valutare e verificare l'effetto della lattoferrina utilizzando un trattamento di duplice combinazione con formulazione spray intranasale locale e solubilizzata e somministrazione orale".
Estendere quindi gli eventuali risultati incoraggianti dello studio alla sola somministrazione orale (così come fatto da diverse aziende di integratori in capsule o compresse) è pertanto qualcosa che non è corretto fare dal punto di vista scientifico.
Nei ringraziamenti della revisione in questione infine gli autori menzionano una azienda sponsor che ha fornito proprio il tipo di lattoferinna liposomiale con cui è stato condotto lo studio.
Nulla di straordinario, ben intenso, ma in casi come questo è bene essere cauti ed aspettare quindi conferme più solide ed indipendenti.
RIASSUMENDO...
L'utilizzo di integratori di vario tipo nella prevenzione delle infezioni respiratorie e nei malanni dell'inverno è senza dubbio affascinante.
La letteratura scientifica però ci insegna che non sempre quello che è stato dimostrato in vitro trova una corrispondenza clinica rilevante anche sull'uomo.
Il marketing e gli interessi dei produttori portano spesso a conclusioni fuorvianti.
La notizia dello studio del Tor Vergata sulla lattoferrina come integrazione utile nel trattamento delle forme più lievi di Covid-19 deve essere pertanto presa con le pinze in attesa di evidenze più solide e soprattutto verificate dalla comunità scientifica.
Se davvero sei interessato a ottimizzare le tue difese immunitarie, ti consiglio di iniziare a lavorare innanzitutto sul tuo stile di vita.
Alimentazione bilanciata, attività fisica moderata e costante, riduzione dello stress, ottimizzazione dei ritmi circadiani e buona qualità del sonno possono aiutarti a mantenere efficiente il tuo sistema immunitario.
L'industria alimentare e la società dei consumi ci impongono abitudini errate che sono molto più impattanti sulla nostra salute di un qualsiasi rimedio "immunostimolante".
Qualsiasi forma di integrazione non può prescindere da uno stile di vita ottimale e soprattutto deve essere presa in considerazione sulla base di eventuali carenze (o microcarenze) personali da valutare persona per persona e non sulla base di affascinanti e spesso discutibili proposte di marketing.
Dott. Francesco Fratto
Farmacista e Lifestyle Trainer
La società moderna è sempre più competitiva.
Il mondo del lavoro, in particolare, richiede notevoli sforzi e l'impegno di molte risorse mentali e di tempo per restare concorrenziali in un mercato sempre più globalizzato e sfidante.
Consulenti e guru aziendali battono su prestazioni e maniacale attenzione ai dettagli per alzare l'asticella ed il proprio standard qualitativo.
Ma il rischio di esaurirsi davanti all'eccesso di perfezionismo è dietro l'angolo.
"Secondo un'analisi degli studi condotti sul tema, pubblicata da Andrew Hill, esperto della York St John University, e da Thomas Curran, dell'Università di Bath, sulla rivista Personality and Social Psychology Review, le preoccupazioni e lo stress che nascono dal perfezionismo possono contribuire alla comparsa di seri problemi di salute, ad esempio depressione, ansia, disturbi dell'alimentazione, fatica e addirittura a una mortalità precoce."
Accettare i propri limiti sembra essere la vera sfida per non rischiare di barattare la propria salute con il successo.
Se vuoi approfondire leggi su "Salute24" l'articolo: "Attenzione all'esaurimento: troppo perfezionismo porta al burnout" (clicca sul titolo dell'articolo per leggere il testo originale)
Il mondo del lavoro, in particolare, richiede notevoli sforzi e l'impegno di molte risorse mentali e di tempo per restare concorrenziali in un mercato sempre più globalizzato e sfidante.
Consulenti e guru aziendali battono su prestazioni e maniacale attenzione ai dettagli per alzare l'asticella ed il proprio standard qualitativo.
Ma il rischio di esaurirsi davanti all'eccesso di perfezionismo è dietro l'angolo.
"Secondo un'analisi degli studi condotti sul tema, pubblicata da Andrew Hill, esperto della York St John University, e da Thomas Curran, dell'Università di Bath, sulla rivista Personality and Social Psychology Review, le preoccupazioni e lo stress che nascono dal perfezionismo possono contribuire alla comparsa di seri problemi di salute, ad esempio depressione, ansia, disturbi dell'alimentazione, fatica e addirittura a una mortalità precoce."
Accettare i propri limiti sembra essere la vera sfida per non rischiare di barattare la propria salute con il successo.
Se vuoi approfondire leggi su "Salute24" l'articolo: "Attenzione all'esaurimento: troppo perfezionismo porta al burnout" (clicca sul titolo dell'articolo per leggere il testo originale)