In questo approfondimento sulla Meditazione di Consapevolezza (Mindfulness), analizziamo alcuni luoghi comuni sulla meditazione, una pratica scientificamente validata per recuperare il proprio equilibrio mentale e resistere meglio allo stress. ⭕ La Pratica della Meditazione È abbastanza frequente che le persone che iniziano a imparare a meditare, si arrendano prima di avere la possibilità di sperimentare i benefici che derivano da una pratica meditativa regolare. Troppo spesso queste persone concludono affrettatamente di “non essere capaci” a meditare, oppure di stare meditando “nel modo sbagliato”. Tenendo ciò a mente, riflettiamo su alcune concezioni errate riguardo la meditazione, che possono renderne l’apprendimento più difficoltoso e frustrante di quanto sia in realtà. ✅ Luogo comune n. 1 “Per meditare, devo smettere di pensare” Questa credenza è completamente errata e può condurre ad una grande frustrazione quando si comincia a meditare. Così come i nostri occhi esistono per vedere e le nostre orecchie esistono per udire, così la nostra mente esiste per pensare. Il pensiero è una funzione automatica sulla quale abbiamo solo un controllo parziale, quindi non possiamo completamente smettere di pensare, anche se vorremmo! Durante la meditazione la tua mente continuerà a fare ciò che fa solitamente (pensare!), ma con la pratica imparerai a rapportarti con i tuoi pensieri durante la meditazione in un modo diverso da quando non stai meditando. Sarai in grado di osservare meglio i tuoi pensieri, piuttosto che rimanerci impigliato, o completamente identificato, con essi. I pensieri cominceranno a svanire in secondo piano e gli presterai meno attenzione. Può essere utile sapere che è assolutamente normale essere distratto dai pensieri durante la meditazione: è una parte inevitabile della pratica. Le persone generalmente credono che quando vengono distratti dai pensieri, la loro meditazione sia stata interrotta. Ma perdere il "focus", il notare di aver perso il fuoco ed il decidere di rimettere a fuoco sono in realtà parti integranti della meditazione. Può essere utile pensare alla meditazione come un processo in tre fasi, che si ripete in continuazione: ➡️ Concentrazione su un oggetto a scelta (ad es. il respiro, le sensazioni corporee, suoni, mantra, ecc…) ➡️ La distrazione dall’oggetto (ad esempio a causa dei pensieri) e la realizzazione di essersi distratti ➡️ Riportare la concentrazione sull’oggetto prescelto – ricominciando! Ciascuna di queste 3 fasi è ugualmente importante. Può essere frustrante, anche noioso, quando stai imparando a meditare ripetere il processo ogni volta da capo, ma con la pratica diventerà più facile e piacevole. ✅ Luogo comune n. 2 “Bisogna diventare esperti di meditazione, perché valga la pena meditare” Quando imparano a meditare, le persone spesso si preoccupano di non stare meditando “correttamente” e possono rimproverarsi di non praticare con la frequenza necessaria. Voglio incoraggiarti a pensare alla meditazione come qualcosa che, nonostante richieda pazienza e perseveranza, non richiede perfezione. Anche il solo dedicare un momento alla pratica, anche solo per due minuti nella tua giornata, è di grande beneficio, molto più di quanto tu potresti pensare, almeno all’inizio. Gli studi hanno dimostrato che sessioni di meditazione “intense”, quando la tua mente è particolarmente agitata, fanno comunque bene. Anche sporadici momenti di concentrazione avranno effetti rilassanti per il tuo corpo e calmanti per la tua mente. Per dirla con le parole di Pema Chodron, uno stimato insegnante e autore buddhista: “Praticando la meditazione non stiamo cercando di raggiungere qualche scopo, ma esattamente l’opposto. Stiamo semplicemente vivendo la nostra esperienza, qualunque essa sia”. ✅ Luogo comune n. 3 “La meditazione ti porterà automaticamente in uno stato di pace” La meditazione di consapevolezza è spesso associata con immagini di persone che meditano in uno stato di totale estasi e serenità, il che può condurre all’aspettativa irrealistica che siano questi gli effetti immediati della meditazione. Mentre la meditazione, con la pratica, porterà ad una mente più calma e pacificata, quando si comincia a meditare si può trovare la natura irrequieta della mente impegnativa. Questo è perfettamente normale: ti incoraggio a non mollare. La meditazione è come gli esercizi fisici, che diventano più facili e piacevoli più ne svolgi. All’estremo opposto, le persone spesso sono preoccupate di addormentarsi durante la meditazione. Quando cominciamo a rilassarci, normalmente quello che incomincia ad affiorare è proprio tutto quello che abbiamo tenuto a bada: per persone che conducono una vita molto indaffarata, questo potrebbe rivelarsi in una sensazione di grande affaticamento. Sentirsi assonnati durante la meditazione non è una cosa sbagliata, è semplicemente il tuo corpo che si rilassa e comunica con te, dicendoti che ha bisogno di più riposo! Se ti senti assonnato durante la meditazione puoi provare a prendere alcuni respiri profondi, che potrebbero aiutarti ad energizzarti. Ma se la sonnolenza ha la meglio, va bene: vuol dire che ti stai rilassando. Con il tempo, e con una pratica consistente, diventa più facile accedere ad uno stato di rilassamento profondo rimanendo completamente svegli e vigili durante la meditazione. Pazienza e persistenza sono le parole chiave. Concentrati… perdi la concentrazione… e concentrati nuovamente! La maniera più semplice per migliorare le tue capacità nella meditazione è continuare a praticare: ti basteranno 10 minuti al giorno per sperimentare veri cambiamenti. Con l'aumento delle vaccinazioni e la diminuzione dei casi di COVID-19, si ricomincia a vivere. Tuttavia, dopo un anno e mezzo di vita in uno stato di isolamento e ipervigilanza, alcuni di noi sono nervosi all'idea di cambiare le abitudini maturate in tempo di pandemia. Uno studio dell'American Psychological Association ha riferito che la metà degli americani è ancora a disagio nei rapporti interpersonali, anche da vaccinati. La Sindrome delle Caverne La psicologia ha un nome per questo condizione di disagio, ovvero la "sindrome delle caverne". Durante la pandemia, abbiamo dovuto imparare nuove forme di comportamento, principalmente l'uso della mascherina, il distanziamento fisico e il lavaggio sistematico delle mani. Siamo più consapevoli dei pericoli delle malattie trasmissibili e molti di noi hanno perso amici e parenti a causa del COVID-19. Ciò significa che abbiamo sviluppato forti associazioni negative derivanti dall'incontro con altre persone, anche quelle che amiamo. Inoltre, molte delle nostre relazioni sociali si sono semplicemente atrofizzate mentre rimanevamo nelle nostre "caverne", e potrebbe sembrare imbarazzante stare con qualcuno con cui non parli da più di un anno. Per quanto le vaccinazioni aumentino e il numero di casi diminuisca non c'è modo di sapere con certezza se la persona che incontriamo sia sana. In questa situazione di incertezza può essere difficile affrontare le relazioni interpersonali. Ecco alcune linee guida, sviluppate da una combinazione di ricerca ed esperienza. 1. Procedi con calma e attenzione Anche se potrebbe essere allettante correre fuori dalla porta e abbracciare tutti quelli che vedi dopo essere stato completamente vaccinato, non è una buona idea, per molte ragioni. Dal punto di vista medico, i dati sui vaccini stanno ancora arrivando e la maggior parte dei ricercatori sostiene che dovremmo procedere con cautela nell'ampliare i nostri contatti. Non è necessario partecipare a un raduno di 200 persone; puoi iniziare invitando a cena a casa tua una coppia di amici vaccinati o facendo jogging senza mascherina. In questa fase, concentrati più sulla qualità dell'interazione, non sulla quantità. Le tue abilità sociali potrebbero essere arrugginite, quindi concediti il tempo di ricostruirle. 2. Concentrati sulle tue abitudini Ci è voluto un anno intero per imparare nuovi comportamenti, prendere precauzioni e avere paura di chi ci circonda. Proprio quando ci siamo adattati ad una nuova normalità, sono cominciate le vaccinazioni e ora siamo di nuovo su una ripida curva di apprendimento. Probabilmente ci vorrà la stessa quantità di tempo per tornare a fidarsi di coloro che ci circondano. I nostri cervelli sono cablati per la connessione, ma il trauma ci ha ricablati per l'autoconservazione. Nonostante questo bisogna convincersi che è tempo di ricostruire le nostre vite e la nostra società rinnovando le nostre connessioni reciproche, anche quando c'è del rischio. Il punto non è che dovremmo improvvisamente smettere di indossare maschere e andare al cinema. Piuttosto, dobbiamo fermarci, aggiornare le nostre conoscenze, controllare le nostre abitudini pandemiche, chiederci quali ci stanno ancora servendo e cambiare le altre, tornando al pre-pandemia. 3. Chiedi, non indovinare Dobbiamo affrontare le interazioni sociali pandemiche con curiosità. Oggi, la domanda più importante (e delicata) riguarda la vaccinazione: "sei vaccinato?", "prima o seconda dose"? Poi arriveranno le domande successive: "posso stringerti la mano?" "posso darti un abbraccio?" Il più delle volte, la risposta sarà sì. Tuttavia, queste possono essere domande sorprendentemente difficili e quindi occorre esercitarsi per farle con grazia. Se non hai intenzione di chiedere informazioni sullo stato di vaccinazione, probabilmente dovresti limitare la tua socializzazione alla tua cerchia di fiducia e/o tenere la mascherina. Tuttavia, anche in questo caso, è molto probabile che troverai persone che si abbracciano o entrano in casa senza mascherina. In quelle situazioni, devi imparare a mantenere il giusto equilibrio tra socialità e precauzione. 4. Accetta i limiti e mantieni i tuoi Stabilire e mantenere "i limiti" è un'abilità vitale fondamentale e durante una pandemia può essere salvavita. Il primo passo per implementare i limiti è ammettere che non puoi controllare le altre persone. Non puoi sapere con certezza che sono vaccinati; non puoi fargli indossare una mascherina o toglierne una. L'unica cosa che puoi veramente controllare sei te stesso. È quindi necessario che tu stabilisca i tuoi limiti. Sentiti libero di rifiutare un abbraccio da qualcuno di cui non conosci lo stato di salute. Non è necessario rimuovere la maschera. Non devi rivelare nulla sulla tua salute. Queste sono le tue decisioni da prendere e non sei responsabile delle reazioni degli altri alle tue decisioni. 5. Rispetta le diverse esperienze con COVID-19 Oltre 3 milioni di persone in tutto il mondo, hanno perso la vita a causa del COVID-19, il che significa che altri milioni di familiari e amici sono in lutto. Molti sopravvissuti stanno lottando con gli effetti fisici a lungo termine della malattia. Studi da tutto il mondo confermano che molti operatori sanitari hanno a che fare con un profondo disturbo da stress post-traumatico. Altre persone hanno perso il lavoro o hanno convissuto con qualcuno che si è trovato in quella situazione. Tuttavia, è del tutto possibile aver navigato attraverso la pandemia con il vento alle spalle e i mari della vita lisci come il vetro. Ho sentito persone introverse esprimere compiacimento per la quarantena e il mascheramento. Queste differenze sono prevedibili. Il COVID-19 è stato, ed è tuttora, un evento mondiale. Miliardi di persone ne sono state toccate in modi che sono stati modellati dalla loro ricchezza e reddito, genere, personalità, cultura, situazione familiare, comunità e lavoro, tra molti altri fattori. Questa è un'enorme diversità di esperienze ed è per questo che è importante affrontare tutte le conversazioni su COVID-19 con la massima sensibilità e rispetto. Quando incontri un amico che non vedi da un anno o incontri qualcuno di nuovo a un barbecue, semplicemente non puoi sapere quali fardelli hanno portato durante la pandemia e oltre. Le persone sceglieranno cosa condividere con te ed è importante non dare per scontato, ma anche non aver paura di chiedere e, soprattutto, ascoltare. 6. Ottieni un aiuto professionale se l'ansia interferisce con la vita La paura si aggrava nel tempo. Più resisti a fare qualcosa che ti rende nervoso, più sei reticente a farlo. Man mano che i governi rimuoveranno le restrizioni sulla pandemia e le persone inizieranno a mescolarsi di nuovo, ci saranno molte opportunità di provare ansia e paura, ma ciò non significa che dovresti rimanere a casa per il resto della tua vita. Anche se raggiungessimo l'immunità di gregge, il COVID-19 e le sue varianti sono diventate parte del paesaggio infido di tutte le nostre vite e questa infezione prenderà posto insieme ad altri pericoli che presentano rischi e tassi di mortalità ancora maggiori. La vita rimarrà una serie di rischi calcolati e in parte ci assumiamo i nostri rischi per costruire una vita degna di essere vissuta. Peraltro se inizialmente ti senti eccessivamente esausto dopo aver socializzato, se ti preoccupi molto dopo un breve abbraccio o una stretta di mano, se contini ad evitare il contatto con altri esseri umani dopo la vaccinazione dovresti consultarti con un professionista, almeno per un po'. Non ti aspettare che il tuo cervello sviluppi rapidamente il cambiamento, ma devi avere fiducia nella tua capacità di adattamento, nei tempi necessari alla tua sensibilità. In effetti, questa è una delle cose che ci ha insegnato la pandemia: qualunque cosa accada, ci adeguiamo. Lo farai anche tu. Questo è un altro cambiamento che stiamo attraversando tutti insieme. Questo post è una libera sintesi e traduzione dall'originale in lingua inglese "Six Tips for Socializing After You’ve Been Vaccinated" pubblicato su Greater Good Magazine
Se soffri di stipsi, specialmente associata ad una sindrome dell'intestino irritabile (IBS), questi piccoli trucchi potrebbero aiutarti a risvegliare il tuo intestino pigro e diminuire le tue preoccupazioni. Inizia la giornata con una colazione abbondante.Non ti sto chiedendo di “ingozzarti” di prima mattina, ma se il tuo intestino è pigro è meglio non limitarti ad un biscottino al volo prima di scappare al lavoro. Per la maggior parte delle persone, andare in bagno al mattino fa parte del proprio ritmo naturale. Per questo, lavorare con l'orologio interno del corpo può aiutarci a regolarizzare l’intestino. Una buona colazione con un apporto di “grassi sani”, potrebbe essere utile al fine di avviare il giusto movimento intestinale. Bevi una tazzina di caffèSe hai l’impressione che il caffè ti provochi un certo stimolo al movimento intestinale, è molto probabile che tu non ti sta affatto immaginando le cose. Gli esperti non sono completamente sicuri del perché questo accada, ma sembrerebbe che ci sia una sostanza all'interno del caffè (non la caffeina, come molti credono) che inneschi lo stimolo all’evacuazione. L’American Chemical Society attribuisce la causa agli acidi presenti nel caffè (in particolare all’acido clorogenico), che stimolerebbe la produzione dell’acidità nello stomaco, che a sua volte innescherebbe l’aumento di motilità dell’intestino Un’altra ipotesi molto recente è invece legata all’effetto che il caffè avrebbe sui batteri intestinali (si, lo so che caschiamo sempre là, ma te lo ripeto da due-tre anni ormai che i batteri sono molto importanti per il nostro organismo....) Studiando in coltura l’interazione tra il caffè e il microbioma – l’insieme dei microorganismi – dell’intestino, i ricercatori si sono infatti accorti che il caffè ridurrebbe il numero di alcune specie di batteri. Questo spiegherebbe anche come mai anche il caffè “decaffeinato” ha lo stesso effetto sulla motilità intestinale. Aggiungi semi di lino alla tua dieta quotidiana I semi di lino possono aiutare a mantenere le tue feci più morbide e umide, facilitandone il transito nell’intestino. I semi di lino sono considerati un'eccellente fonte di fibre alimentari e di acidi grassi omega-3. Se vuoi mettere in pratica questo suggerimento, sottolineo che i semi di lino devono essere macinati prima di essere assunti, cosa che puoi fare con l'aiuto di un piccolo macinino da caffè. Una volta macinati, i semi di lino devono essere refrigerati. Se hai qualche remora perchè sei particolarmente delicato nei gusti, dovrebbe tranquillizzarti il fatto che i semi di lina hanno un piacevole sapore di nocciola: puoi aggiungerli ad uno yogurt o miscelarli in un frullato o in una centrifuga. Anche i semi di chia sono un'altra buona opzione I semi di chia sono i piccoli semi di una pianta originaria dell'America Centrale, denominata Salvia hispanica (da non confondere con la salvia comune o Salvia officinalis). Questi semi, dalle dimensioni molto ridotte, sono anche una buona fonte di fibre e acidi grassi omega-3. A differenza dei semi di lino, i semi di chia possono essere mangiati interia ggiungendoli ai frullati o alla yogurt, trasformati in un budino, o messi in ammollo e aggiunti alla farina d'avena. Io personalmente li uso come fonte di omega-3 aggiungendo un mezzo cucchiaino da the nello yogurt o nelle insalate. Unica raccomandazione: non usare più di un cucchiaio di semi di chia al giorno (25 grammi è il tetto massimo), per evitare spiacevoli effetti collaterali ed eventuali interazioni farmacologiche, in particolare per chi è in terapia anticoagulante. Assicurati di assumere abbastanza fibra La fibra è la parte degli alimenti vegetali che non può essere digerito dal nostro intestino. La fibra fornisce massa e umidità per le feci e facilita un sano equilibrio della microflora intestinale, incoraggiando così i movimenti intestinali regolari. Per la maggior parte degli adulti, l'assunzione di fibra adeguata è di circa 20 a 25 milligrammi al giorno. Per assicurarsi di ottenere una quantità adeguata di fibre, è importante mangiare molta verdura, frutta e, se tollerati, cereali integrali e legumi. In un intestino delicato, tuttavia non è sempre facile gestire l’introduzione di fibre. E ' sempre meglio aumentare lentamente le quantità giornaliere e assicurarsi di non essere in una fase acuta di infiammazione intestinale, per evitare il rischio di gonfiore intestinale. L’ideale sarebbe prima disinfiammare l’intestino e successivamente introdurre gradualmente piccole quantità di fibra, giorno dopo giorno. Se il tuo intestino è molto delicato e temi che l’introduzione di alcuni tipi di alimenti vegetali possano causarti un eccesso di gonfiore, un'alternativa potrebbe essere quella di utilizzare le cuticole dei semi di Psillo che puoi trovare come integratore sotto forma di polvere in bustine, che permette di dosare meglio le quantità nel tempo. Parti da mezza bustina per un paio di giorni, fino ad arrivare ad una-due bustine al giorno continuando l’assunzione per almeno una decina di giorni. Non pretendere che il tuo intestino prenda “nuove” abitudini se tu per primo non gli dai il tempo di abituarsi. Bevi molta acqua Ogni cellula del nostro corpo ha bisogno di acqua per funzionare in modo ottimale. Quando non beviamo abbastanza acqua, il nostro corpo estrae l'acqua dalla materia fecale nell'intestino. Ciò si traduce in feci più “dure” il cui transito risulta più difficoltoso. Aiutati con i Bifidi Nell'ultimo tratto del colon, risiedono alcuni batteri molto importanti per la nostra salute intestinale: i bifidobatteri. L’uso frequente di purganti e lassativi, un’alimentazione povera di fibre o un microbiota alterato possano causare una diminuzione significativa dei bifidobatteri nell’intestino. Ripristinare le quantità fisiologiche di questi microorganismi con la dieta ed eventualmente una corretta integrazione potrebbe facilitare il transito intestinale. Puoi trovare questi importanti microrganismi anche addizionati ad alcuni yogurt piuttosto conosciuti, oppure assumerli sotto forma di integratore: Attenzione però a farti consigliare quelli più adatti per il tuo problema e nei dosaggi coretti: non tutti i probiotici (comunemente chiamati “fermenti lattici”) sono uguali e assumerne in eccesso in alcuni tipi di Sindrome dell’Intestino Irritabile potrebbe fare più danni che benefici. Tratto dal Best Seller americano "IBS: 365 TIPS FOR LIVING WELL" di Barbara B. Bolen:
Intestino e cervello sono strettamente interconnessi. Frasi come “ho le farfalle nello stomaco”, “ho un peso sullo stomaco” o “ho agito di pancia” non sono solo delle espressioni figurative per esprimere un'emozione o un’azione, ma rappresentano un sentire popolare che oggi la scienza ha chiarito in modo concreto. La correlazione tra emozioni e intestino è infatti ormai ben descritta in medicina. Ciò che proviamo nella nostra mente influenza in modo diretto il nostro intestino e viceversa. Chi soffre ad esempio di Sindrome del Colon Irritabile sa che molto spesso uno stato emotivo di agitazione o di ansia è in grado di scatenare un attacco di diarrea acuta o di acuire i propri disturbi intestinali. Spesso accade che la sovrastimolazione dell’apparato gastrointestinale e i conseguenti sintomi che ne derivano (diarrea, crampi, gonfiore….) conducano ad una ulteriore stato di agitazione per la persona che ne soffre innescando così una pericolosa spirale da cui non è per niente facile uscire. In particolar modo, in questo ultimo anno, vivendo una situazione di tensione come quella innescata dalla pandemia di Covid, stanno aumentando i casi di ansia e di conseguenza anche le difficoltà a livello intestinale. La gestione dell’ansia comprende diversi trattamenti, dai farmaci ad alcuni rimedi naturali, dalla psicoterapia alla meditazione. Recentemente, è stato pubblicato in Frontiers in Psychiarty un articolo scientifico in cui, evidenziando che i farmaci e la psicoterapia spesso non riescono a raggiungere la completa risoluzione dei sintomi, si suggerisce di considerare anche un approccio complementare alla cura dei sintomi attraverso interventi nutrizionali. Questo approccio, ancora in via di sviluppo e definito “psichiatria nutrizionale” è indubbiamente molto affascinante. Nei miei studi fatti sulla prevenzione delle malattie e sugli stili di vita, ho spesso potuto apprezzare quanto un’alimentazione corretta permetta di influire in modo marcato sul benessere dell’organismo. Purtroppo, di quanto lo stile di vita, alimentazione in primis, impattino nel nostro benessere se ne parla ancora troppo poco, mentre ritengo sarebbe opportuno inserire dei concetti basi già nelle scuole per aiutare le future generazioni a curare la propria salute. Lo stile di vita moderno è indubbiamente sempre più ricco di comfort per il corpo, ma decisamente sempre più sfidante per la nostra salute mentale. I disturbi d'ansia sono tra le condizioni psichiatriche più diffuse nei paesi occidentali, con un terzo degli individui che soffrono di qualche forma di ansia durante la loro vita. I farmaci standard di cura e la psicoterapia hanno tuttavia un successo nel trattamento di circa la metà dei pazienti e solo un quarto sperimenta una completa risoluzione del problema (con un tasso di fallimento coerente con l’ampio fallimento dei trattamenti farmacologici per la maggior parte delle condizioni neurologiche). Quando si cerca di correggere un disturbo d’ansia è bene quindi non dimenticare il ruolo complementare dell’alimentazione e di uno stile di vita adeguato in grado di influire positivamente sulla nostra salute generale dal momento che intestino e cervello sono strettamente interconnessi. Vediamo allora le 5 strategie alimentari proposte dai ricercatori Nicholas G. Norwitz del Dipartimento di Fisiologia, Anatomia e Genetica dell’Università di Oxford e Uma Naidoo del Dipartimento di Nutrizione e Psichiatria dello Stile di Vita del Massachusetts General Hospital di Boston, entrambi docenti della Harvard Medical School di Boston per contrastare i disturbi d’ansia attraverso l’alimentazione. 1. Evita i dolcificanti artificialiL’utilizzo di dolcificanti artificiali in alcuni studi è stato associato a disturbi del benessere mentale, inclusa l'ansia. Inoltre, è stato suggerito che gli individui che soffrono di disturbi mentali possano essere particolarmente suscettibili agli effetti negativi dei dolcificanti artificiali. Ad esempio, uno studio crossover randomizzato, controllato con placebo, progettato per valutare l'impatto dell'aspartame sull'umore è stato interrotto prematuramente a causa della gravità delle reazioni in pazienti con una storia di depressione, che è una condizione spesso presente insieme all'ansia. Al momento, gli studi sono limitati su una ristretta gamma di dolcificanti (in particolare l'aspartame che è un dolcificante molto usato in snack e bevande a basso contenuto di zuccheri). Nell’articolo, gli studiosi suggeriscono come alterntive per le persone che non vogliono rinunciare agli edulcoranti, l’utlizzo della stevia (un dolcificante naturale non calorico che non altera la risposta insulinica) e l'eritritolo (un alcol zuccherino non insulinogenico che viene assorbito nell'intestino tenue e non viene fermentato dai batteri intestinali) Tuttavia, in altri studi (probabilmente pubblicati in contemporanea con la review in questione) si è evidenziato che la somministrazione di stevia ha mostrato un impatto negativo sul microbiota intestinale, con alterazione della composizione oltre che del metabolismo. In attesa di ulteriori approfondimenti sull’effetto dei dolcificanti nell’ansia, l'approccio più conservativo nel disturbo d’ansia è ancora la completa eliminazione di zucchero semplici e dolcificanti dalla dieta. 2. Riduci il glutine nella dietaIl glutine può indurre l'infiammazione provocando maggiore "permeabilità intestinale". Le proteine del glutine aumentano infatti l'espressione della zonulina, una proteina che aumenta la permeabilità intestinale. Questa condizione provoca la fuoriuscita dall’intestino verso il flusso sanguigno di composti immunostimolanti, come l'LPS (o lipopolisaccaride , uno dei componenti della membrana cellulare esterna dei batteri Gram-negativi) portando all'infiammazione “silente” (ovvero una infiammazione subcronica dei tessuti). Negli studi fin qui effettuati si è visto che nei pazienti ansiosi senza storia segnalata di disturbi gastrointestinali, vi sono elevati livelli nel sangue di zonulina e LPS rispetto ai soggetti di controllo non ansiosi. Questa osservazione è coerente con l'ipotesi che il glutine possa condurre a stati di infiammazione e ansia a causa di un aumento della della "permeabilità intestinale", suggerendo che i pazienti con ansia possono essere particolarmente sensibili al glutine. Allo stato attuale, le evidenze che dimostrino che una dieta priva di glutine sia in grado di diminuire l'ansia sono riferite solamente nei pazienti celiaci Tuttavia, i due ricercatori ritengono ragionevole includere una dieta priva di glutine nell'arsenale dei potenziali trattamenti metabolici per l'ansia. 3. Aumenta il consumo di grassi Omega-3Gli acidi grassi omega-3, in particolare gli omega-3 a catena lunga, l'acido eicosapentaenoico (EPA) e l'acido docosaesaenoico (DHA), sono potenti molecole di segnalazione antinfiammatorie che supportano il microbioma intestinale e rivestono un ruolo importante nei processi cognitivi e nella salute mentale. Negli studi sugli animali, i ricercatori hanno evidenziato che i meccanismi con cui gli omega-3 aiutano ad affrontare le basi metaboliche dell'ansia sono molteplici, probabilmente dovute al miglioramento dell'equilibrio del microbioma, la diminuzione dell'infiammazione e il bilanciamento della chimica tra neuromediatori. Negli esseri umani, si è visto che nei pazienti con disturbo d'ansia, i livelli di EPA e DHA nelle cellule erano ridotti del 18-34%. Inoltre, è stata evidenziata una correlazione inversa tra i livelli di questi omega-3 e la gravità dell'ansia (più bassi erano i livelli di omega-3 nelle cellule, più severa erano le forme di ansia registrate. Diversi studi hanno evidenziato che l’integrazione con omega-3 è in grado di ridurre l'ansia. In particolare, si suggerisce che la dose e il tipo di omega-3 sono caratteristiche importanti da considerare. Gli studi che utilizzavano dosi inferiori a 2 grammi al giorno di omega-3 tendevano a non essere significativamente efficaci nel trattamento dell'ansia. Analogamente è stato evidenziato che gli integratori con proporzioni inferiori di DHA erano meno efficaci nel ridurre l'ansia, arrivando a non avere effetti significativi con integratori contenenti più del 60% di EPA. Pertanto, è bene valutare con attenzione l’eventuale integrazione di omega-3 ai fini di un miglioramento fisiologico dell’ansia, privilegiando in particolare fonti di omega-3 come le uova di pesce e l'olio di krill, seguite dal salmone e da altri pesci grassi. 4. Sfrutta il potere “antifiammatorio” della curcuminaLa curcuma è probabilmente la spezia più studiata per la salute del cervello. Il suo componente attivo, la curcumina, è stato esplorato come trattamento per il morbo di Alzheimer, il morbo di Parkinson, la depressione, le comorbidità dell'ansia e l'ansia stessa Diversi studi randomizzati, in doppio cieco e controllati con placebo hanno dimostrato che l'integrazione di curcumina può ridurre l'ansia nell’uomo. Tuttavia, ci sono dei limiti alla letteratura scientifica prodotta sulla curcumina. Alcuni studiosi hanno contestato che i benefici della curcuma e dei suoi componenti per la salute sono eccessivamente sensazionalistici. In particolare, in un'attenta analisi della chimica medica della curcumina si è dimostrato in modo convincente che i risultati positivi nei sistemi modello possono essere confusi dall'instabilità chimica della curcumina e dal potenziale di interferire con le letture del dosaggio. Inoltre, gli esperti sottolineano che esiste un grande grado di variabilità tra gli studi rispetto alla purezza degli integratori e alle formulazioni, che confondono la riproducibilità degli studi. Ad esempio, le sostanze attive della curcuma sono poco assorbite in natura dal nostro organismo quando somministrate come polvere o in una soluzione acquosa. Per questo motivo, i curcuminoidi (i principi attivi della curcumina) dovrebbero essere consumati con i grassi. L’industria farmaceutica per aumentare l’assorbimento deilla curcumina ha sviluppato sistemi di somministrazione a base di lipidi, inclusi liposomi e nanoparticelle. In effetti, negli studi controllati randomizzati nei quali si sono evidenziati risultati positivi della curcumina sull'ansia, si sono utilizzate formulazioni specifiche per aumentare la biodisponibilità della curcumina, inclusa la nano-curcumina e la co-somministrazione di piperina, che aumenta di circa 20 volte l'assorbimento della curcumina rispetto alla sola polvere. In questo senso, vista anche la cautela nell’utilizzo di queste sostanze in chi soffra di problematiche epatiche e renali, sottolineo di non assumere integratori di curcuma senza il parere preventivo del medico curante o di un farmacista esperto in grado di consigliarti al meglio. 5. Controlla i livelli di Vitamina D nel sanguePoiché la maggior parte delle persone nel mondo occidentale moderno trascorre la maggior parte del tempo in casa, completamente vestita o semplicemente vivendo ad alte latitudini, la produzione endogena di vitamina D è spesso inadeguata. È anche difficile assumere abbastanza vitamina D dalla dieta (ho parlato dei cibi a più alto contenuto di vitamina d in un recente post nella pagina Facebook della farmacia) Nel 2014, la Società italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro (SIOMMMS) sottolineava che in Italia l’80% della popolazione sarebbe carente di Vitamina D (ovvero con livelli inferiori a 30 ng/mL). Anche se tra gli esperti non c’è ancora omogeneità nel definire quali valori debbano essere considerati come insufficienza evidente nei livelli di Vitamina D, non possiamo nascondere che lo stile di vita moderno ha effettivamente indotto una riduzione sensibile della produzione naturale da parte dell’oganismo di questo importante ormone. Nel cervello, la vitamina D regola importanti processi metabolici (l'omeostasi del calcio e i canali ionici), i livelli di sostanze fondamentali nella trasmissione tra i neuroni (come la dopamina e la serotonina). I benefici della vitamina D sono anche probabilmente mediati dal suo stesso ruolo nel modulare il microbioma intestinale e riducendo l'infiammazione cronica. Bassi livelli di vitamina D sono associati con più disturbi mentali, tra cui la schizofrenia, la depressione e l'ansia. In alcuni studi, l’integrazione di vitamina D in coloro che mostravano una carenza di vitamina D è risultata efficace nell'affrontare l'ansia. Va in questo contesto sottolineato che l'integrazione di vitamina D nel combattere l'ansia è risultata efficace solamente in chi ha una chiara carenza di vitamina D. In medicina, sappiamo bene che non è possibile estendere i risultati emersi nei soggetti specifici di uno studio in altre situazioni. Quindi la cautela è d’obbligo quando accostiamo l’integrazione di Vitamina D per ripristinare un equilibrio fisiologico in un soggetto ansioso. Tuttavia, la valutazione dei livelli di vitamina D ed una eventuale integrazione dovrebbe essere presa in considerazione in chi soffre di una storia importante di disturbo d’ansia. Anche in questo caso, sconsiglio fortemente il fai da te: senti sempre il parere del tuo medico o di uno specialista per valutare con attenzione le tue necessità personali. Altre potenziali strategieI ricercatori hanno inoltre sottolineato che nel trattamento dei disturbi di ansia, potranno essere prese in considerazione anche ulteriori potenziali strategie nutrizionali, tra cui la riduzione della caffeina, l’uso di prebiotici e probiotici per supportare il microbioma nel soggetto ansioso e l'integrazione con o magnesio o triptofano per aumentare potenzialmente la sintesi di serotonina.
Sebbene tutti questi trattamenti necessitano sempre di una valutazione attenta con il proprio medico di base o con uno specialista, modulare con più equilibrio la propria alimentazione non può che comportare un effetto positivo in chi soffre di ansia e agitazione. Personalmente, senza rischiare inutili eccessi di integrazione o l'adozione di strategie alimentari troppo limitiative per le tue caratteristiche posso suggerirti tre opzioni che sono certo non possano che impattare positivamente sul benessere del tuo organsimo: - una significativa riduzione dell’utilizzo degli zuccheri - una maggiore diversità nella scelta dei cereali utilizzati nella tua deita (evitando il solo consumo di frumento e affini, ma alternando anche riso, grano saraceno, quinoa…) - un sensibile incremento del consumo di pesce ed in particolare di pesce azzurro ad almeno 2-3 porzioni a settimana. Provaci. Sono certo che la tua salute ne risentirà in modo più che positivo. Ti sei mai domandato come mai in un momento storico in cui abbiamo a nostra disposizione innumerevoli soluzioni tecnologiche e tantissime comodità, sembra che le persone siano sempre più infelici e malate? Eppure abbiamo la fortuna di vivere in un’epoca in cui possiamo disporre di farmaci sempre più efficaci e mirati e godere di svariate possibilità di cura. Le tecnologie e la digitalizzazione hanno permesso di eliminare lavori faticosi, estenuanti e pericolosi. Possiamo trovare facilmente nelle nostre città ogni agio, da chi ci prepara i pasti a chi ci consegna la spesa a casa. Tuttavia le statistiche ci mostrano che sempre più persone soffrono di ansia, di depressione, di problemi gastrointestinali, di malattie croniche degenerative e malattie cardiovascolari e molto altro. Strano, vero? Ti sei mai chiesto come mai? Scommetto che se ci pensi per qualche minuto, tra le varie risposte che cominceranno a balenare nella tua mente potrebbe affiorare la parola “stress”. In fondo che “siamo tutti più stressati” è un mantra che ci ripetiamo spesso al bar alla mattina sorseggiando frettolosamente un caffè tra amici oppure in ufficio tra colleghi sempre più indaffarati. In alcuni casi, la frase “sarà colpa dello stress” viene usata anche per giustificare qualche problema di salute in quei casi in cui non si riesce a venire a capo della causa scatenante. In effetti, molti studi evidenziano una correlazione significativa tra lo stress e molte patologie, in particolare con le malattie autoimmuni. Insomma, che lo stress possa impattare negativamente sull’organismo è evidente a molti. Tuttavia, non sempre è chiaro come mai lo stress sta diventando un killer silenzioso della nostra società. Se ti va di prendere più consapevolezza di questo argomento, provo a spiegarti un paio di concetti legati allo stress. EUSTRESS E DISTRESSCominciamo con chiarire un concetto importante: lo stress non è sempre "negativo”. Ci sono alcune situazioni in cui lo stress provoca una sorta di “adattamento” che viene vissuto come qualcosa di positivo dalla persona che ha avuto l'esperienza stressante. L’eustress (o stress buono), è infatti indispensabile alla vita e ha permesso la nostra evoluzione. Si manifesta sotto forma di stimoli ambientali costruttivi ed interessanti. Un esempio può essere una promozione lavorativa per la quale arrivano maggiori responsabilità, ma anche maggiori soddisfazioni. O l’eccitazione che pervade un’atleta prima della gara e che permette al suo corpo di ottenere il massimo delle proprie prestazioni. Se, dunque, la “reazione di stress” porta vigore, entusiasmo e propositività è una buona cosa perché incrementa lo stato di salute generale della persona. D’altro canto, ci sono invece delle situazioni in cui lo stress provoca un “disadattamento”, conducendo ad una risposta che non è positiva (distress) per la persona che ha vissuto l'episodio stressante. Il distress è quindi uno stress che ci danneggia provocando grossi scompensi emotivi e fisici difficilmente risolvibili. Un esempio può essere un licenziamento inaspettato, oppure un intervento chirurgico. Lo stress, come abbiamo visto, può quindi essere un importante alleato poichè ci aiuta a superare le inevitabili sfide che la vita ci offre dato aiutando ’organismo a prepararsi fisicamente e psicologicamente ad affrontare un problema, ma anche un pericoloso nemico. Ma allora cosa determina quando una risposta è positiva (eustress) rispetto ad una risposta negativa (distress) allo stress??? La differenza essenziale tra eustress e distress (lo stress cattivo) sta nella percezione della “fonte di stress”. Nel caso dell’eustress la “fonte di stress” viene percepita come una “sfida”. Nel caso del distress, viene percepita come una “minaccia”. Per questo motivo è importante coltivare il proprio atteggiamento di fondo verso la vita come un luogo di “sfide” piuttosto che un luogo di “minacce”. Tuttavia, non è sempre facile poter percepire di avere il controllo sulle sfide e sugli eventi che la vita ci presenta. Quando si percepisce di non avere il controllo su molti eventi nella propria routine e, soprattutto, quando situazioni stressanti (si chiamano “stressor” in ambito scientifico) si ripropongono molto spesso e in modo cronico, lo stress può avere un impatto molto negativo, sia fisicamente che emotivamente. “Si vabbè, Francesco, ho capito che viviamo in un'era in cui molte situazioni portano a stress… ma non vorrai dirmi che un uomo che viveva nelle caverne aveva meno rischio di noi?!?” Effettivamente dover procacciarsi ogni giorno il cibo, rischiando di essere sbranato da qualche bestia selvatica non era certamente meno stressante e rischioso di prendere la metro nell’ora di punta a Milano. Tuttavia, gli stressor, ovvero le situazioni a forte stress, che viveva un homo sapiens erano molto più circoscritte e limitate. Tra gli agenti stressanti per un cavernicolo c’erano la mancanza di cibo, il freddo, i predatori, le malattie infettive… Pericoli importanti, ma ben chiari e individuabili. Per l’uomo moderno, le fonti di stress sono molto più numerose e soprattutto spesso anche incontrollabili: il mutuo da pagare, il capoufficio scontroso, il rischio di perdere il lavoro, il traffico, l’imperizia di altre persone al volante, i figli da portare a scuola, le notizie del telegiornale, il terrorismo, la delinquenza, l’inquinamento ambientale e acustico… Il nocciolo della questione è tuttavia, che a livello genetico, homo sapiens e uomo moderno sono sostanzialmente uguali. 70.000 anni in termini evolutivi sono un periodo limitatissimo. In buona sostanza, il nostro organismo non è evolutivamente in grado di resistere efficacemente al cambiamento che l’uomo stesso ha prodotto sull’ambiente. Siamo perennemente in una situazione di ipervigilanza che non siamo in grado di contrastare. Non siamo stati certo “programmati” geneticamente per guidare nel traffico, nè per passare giornate intere senza staccare mai la mente dai nostri impegni, nè per poter vivere comodamente su un divano o passando le nostre giornate lavorative seduti in ufficio, nè per trovare disponibili alimenti ricchi di zuccheri in ogni momento della giornata, nè per addormentarci in mezzo a luci e strumenti elettronici, nè per mangiare cibi ricchi di sostanze aggiunte artificialmente, nè per comunicare isolati senza contatti umani o relazioni…. Potrei continuare con infiniti esempi. Insomma, per essere chiaro e diretto: siamo sempre più stressati perché il nostro organismo non è sufficientemente preparato per reggere i ritmi e le abitudini della vita moderna. Prendere consapevolezza di questo e imparare a contrastare in modo efficace le tante insidie che la tecnologia e il progresso ci riservano quotidianamente è probabilmente il più grande investimento che si possa fare sul proprio benessere futuro. Per anni, si è spesso minimizzato l'effetto del cibo sui sintomi a carico dell'intestino, in modo particolare quelli attribuibili alla Sindrome del Colon Irritabile. Per fortuna, i tempi sono cambiati e ora abbiamo molte più informazioni disponibili per quanto riguarda il ruolo che il cibo gioca sul benessere dell'intestino. Adottare alcune utili strategie alimentari non solo può aiutare a evitare di esacerbare i sintomi di un intestino irritabile, ma può anche essere un modo efficace per prevenirne i sintomi. Vediamo insieme un piccolo decalogo di utili consigli sull'alimentazione per chi soffre di Sindrome dell'Intestino Irritabile (SII) 1. Mangia cibi integrali Gli alimenti integrali sono alimenti che non sono "trasformati" ovvero alimenti che contengono ingredienti che si possono facilmente riconoscere. Se soffri dell Sindrome dell’Intestino Irritabile, evita di mangiare cibi industriali che contengono elementi aggiuntivi come conservanti, coloranti artificiali e aromi artificiali. Tieni a mente questo principio: "Se non sei in grado di identificare qualcosa in ciò che mangi, non lo saprà riconoscere nemmeno il tuo sistema digerente." 2. Cucina a casa Il tuo intestino (e la tua salute in generale) ti sarà molto riconoscente se riuscirai a ritagliarti un po’ del tuo tempo per dedicarti alla cucina casalinga. Quando prepari tu stesso il cibo che mangi hai più controllo sulla qualità del cibo che stai per mangiare così come su ogni singolo ingredienti presente nel tuo piatto. 3. Evita gli alimenti contenenti grassi “cattivi” Gli alimenti che sono molto “grassi” o fritti possono stimolare le contrazioni intestinali, causando crampi dolorosi e diarrea urgente. I n soldoni: niente più pollo fritto, patatine fritte o sughi pesanti. Forse potresti sentire la mancanza di alcuni di questi cibi, ma ti assicuro che non mancheranno al tuo colon. 4. Scegli alimenti contenenti grassi "sani" Molte persone hanno una dieta carente di acidi grassi Omega-3, considerati i grassi più salutari per il nostro organismo. Questi grassi sono anti-infiammatori “naturali” e sembra abbiano un ruolo importante nel benessere del cervello e dell’intestino. Fai in modo di aumentare la componente di Omega 3 nella tua alimentazione, introducendo una giusta quantità di di cibi ricchi di Omega 3 come il pesce azzurro, l’avocado, le noci, la frutta secca e l’olio d'oliva extravergine. 5. Valuta con attenzione se tolleri meglio le verdure e la frutta quando sono cotte. Molte persone con la Sindrome del Colon Irritabile che hanno mostrato difficoltà a tollerare verdure crude e frutta, spesso scoprono di essere in grado di gestire gli stessi alimenti quando questi sono cotti. Questa situazione può essere spiegata considerando il processo di cottura che aiuta a degradare la fibra, renderebbe più facile la digestione di questi alimenti per l’apparato gastrointestinale. 6. Non mangiare troppo in un unico pasto I pasti troppo abbondanti possono intensificare la forza delle contrazioni intestinali. Per questo è bene utilizzare ad ogni pasto delle porzioni ragionevoli. In diversi casi, per chi soffre di SII è più tollerato suddividere in diversi piccoli pasti la propria alimentazione lungo tutta la giornata, piuttosto che concentrare i pasti tra colazione, pranzo e cena. L'unica eccezione a questa regola è se sei in cura per SIBO (Sovraccrescita Batterica Intestinale). In questo caso, è meglio attenersi a tre pasti lasciando diverse ore tra un pasto e l'altro. Questo permetterà di sfruttare meglio il movimento naturale di pulizia dell'intestino tenue che opera tra i pasti. 7. Non saltare i pasti Molte persone che soffrono della Sindrome dell’Intestino Irritabile tendo a saltare i pasti con l’intenzione di prevenire i sintomi mentre sono fuori casa. Il problema di questa strategia è che mangiare a intermittenza può contribuire ad maggiore alterazione della motilità gastrointestinale. Immagina il tuo apparato digerente come fosse un nastro trasportatore in una catena di montaggio: per poter funzionare senza intoppi, deve ricevere cibo a orari regolari e prevedibili. Inoltre, saltare i pasti può portare al rischio di esagerare con il cibo quando finalmente ti concedi il tempo per mangiare. In questo caso, l'eccesso di cibo può scatenare i sintomi che stavi cercando di prevenire. 8. Introduci nella tua alimentazione più cibi fermentati Quando alcuni alimenti sono sottoposti a un processo di fermentazione, il prodotto risultante è pieno di batteri ed enzimi utili. Mangiare cibi fermentati è un ottimo modo per portare fonti naturali di probiotici nel vostro sistema, con una più ampia varietà di ceppi rispetto a quelli che possono essere trovati in un integratore probiotico. Cibi fermentati come i crauti freschi, il kimchi, il kefir o la kombucha fanno parte di tradizione culinarie che si perdono nel passato e che dovremmo riprendere in considerazione per migliorare la biodiversità della nostra flora intestinale (meglio definirla “microbiota intestinale”) 9. Mangia più alimenti prebiotici I prebiotici sono componenti di alimenti ordinari che stimolano la crescita di batteri intestinali benefici, in grado di migliorare il tuo benessere intestinale. Non fare confusione però con i “probiotici” (in genere sono conosciuti come fermenti lattici): i “prebiotici” sono in buona sostanza un nutrimento ideale per i batteri buoni. Alcune fonti di prebiotici amici dell’intestino irritabile includono banane e mirtilli. Purtroppo, molti degli alimenti che rappresentano una buona fonte di prebiotici sono anche ad alto contenuto di Fodmaps (sigla che sta per “Fermentable Oligosaccharides, Disaccharides, Monosaccharides and Polyols” ovvero Oligosaccaridi, Disaccaridi, Monosaccaridi Fermentabili e Polioli), zuccheri che sono presenti in alcuni alimenti che possono causare l’insorgenza dei sintomi del colon irritabile. Sperimenta introducendo i seguenti alimenti prebiotici in piccole porzioni per capire se sei ingrado di tollerarli senza peggiorare i sintomi:
10. Riduci lo zucchero e gli alimenti contenenti carboidrati raffinati Le diete moderne sono diventate eccessivamente ricche di zuccheri e carboidrati raffinati, in particolare farina bianca. Anche se gli alimenti che contengono questi ingredienti sono convenienti, raramente sono sani e nutrienti. I carboidrati ottenuti da zuccheri e da farine a cui hanno rimosso la parte contenente la fibra possono contribuire ad un equilibrio malsano della flora intestinale e quindi condurre a indesiderati sintomi digestivi. |
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