Francesco Fratto | Lifestyle Coach
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10 consigli alimentari se soffri di disturbi intestinali

8/2/2021

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Per anni, si è spesso minimizzato l'effetto del cibo sui sintomi a carico dell'intestino, in modo particolare quelli attribuibili alla Sindrome del Colon Irritabile. 

Per fortuna, i tempi sono cambiati e ora abbiamo molte più informazioni disponibili per quanto riguarda il ruolo che il cibo gioca sul benessere dell'intestino.

Adottare alcune utili strategie alimentari non solo può aiutare a evitare di esacerbare i sintomi di un intestino irritabile, ma può anche essere un modo efficace per prevenirne i sintomi.

Vediamo insieme un piccolo decalogo di utili consigli sull'alimentazione per chi soffre di Sindrome dell'Intestino Irritabile (SII)



1. Mangia cibi integrali

Gli alimenti integrali sono alimenti che non sono "trasformati"  ovvero alimenti che contengono ingredienti che si possono facilmente riconoscere.

Se soffri dell Sindrome dell’Intestino Irritabile, evita di mangiare cibi industriali che contengono elementi aggiuntivi come conservanti, coloranti artificiali e aromi artificiali.

Tieni a mente questo principio: "Se non sei in grado di identificare qualcosa in ciò che mangi, non lo saprà riconoscere nemmeno il tuo sistema digerente."
2. Cucina a casa

Il tuo intestino (e la tua salute in generale) ti sarà molto riconoscente se riuscirai a ritagliarti un po’ del tuo tempo per dedicarti alla cucina casalinga.

Quando prepari tu stesso il cibo che mangi hai più controllo sulla qualità del cibo che stai per mangiare così come su ogni singolo ingredienti presente nel tuo piatto.  

3. Evita gli alimenti contenenti grassi “cattivi”

Gli alimenti che sono molto “grassi” o fritti possono stimolare le contrazioni intestinali, causando crampi dolorosi e diarrea urgente. I

n soldoni: niente più pollo fritto, patatine fritte o sughi pesanti.

Forse potresti sentire la mancanza di alcuni di questi cibi, ma ti assicuro che non mancheranno al tuo colon.
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4. Scegli alimenti contenenti grassi "sani"

Molte persone hanno una dieta carente di acidi grassi Omega-3, considerati i grassi più salutari per il nostro organismo.

Questi grassi sono anti-infiammatori “naturali” e sembra abbiano un ruolo importante nel benessere del cervello e dell’intestino.


Fai in modo di aumentare la componente di Omega 3 nella tua alimentazione, introducendo una giusta quantità di di cibi ricchi di Omega 3 come il pesce azzurro, l’avocado, le noci, la frutta secca e l’olio d'oliva extravergine.



5. Valuta con attenzione se tolleri meglio le verdure e la frutta quando sono cotte.

Molte persone con la Sindrome del Colon Irritabile che hanno mostrato difficoltà a tollerare verdure crude e frutta, spesso scoprono di essere in grado di gestire gli stessi alimenti quando questi sono cotti. 

Questa situazione può essere spiegata considerando il processo di cottura che aiuta a degradare la fibra, renderebbe più facile la digestione di questi alimenti per l’apparato gastrointestinale.
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6. Non mangiare troppo in un unico pasto

I pasti troppo abbondanti possono intensificare la forza delle contrazioni intestinali. 

Per questo è bene utilizzare ad ogni pasto delle porzioni ragionevoli. 

In diversi casi, per chi soffre di SII è più tollerato suddividere in diversi piccoli pasti la propria alimentazione lungo tutta la giornata, piuttosto che concentrare i pasti tra colazione, pranzo e cena. 

L'unica eccezione a questa regola è se sei in cura per SIBO (Sovraccrescita Batterica Intestinale).

In questo caso, è meglio attenersi a tre pasti lasciando diverse ore tra un pasto e l'altro. 

Questo permetterà di sfruttare meglio il movimento naturale di pulizia dell'intestino tenue che opera tra i pasti.


7. Non saltare i pasti 

Molte persone che soffrono della Sindrome dell’Intestino Irritabile tendo a saltare i pasti con l’intenzione di prevenire i sintomi mentre sono fuori casa. 

Il problema di questa strategia è che mangiare a intermittenza può contribuire ad maggiore alterazione della motilità gastrointestinale.

Immagina il tuo apparato digerente come fosse un nastro trasportatore in una catena di montaggio: per poter funzionare senza intoppi, deve ricevere cibo a orari regolari e prevedibili.

Inoltre, saltare i pasti può portare al rischio di esagerare con il cibo quando finalmente ti concedi il tempo per mangiare. 


In questo caso, l'eccesso di cibo può scatenare i sintomi che stavi cercando di prevenire.
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8. Introduci nella tua alimentazione più cibi fermentati 

Quando alcuni alimenti sono sottoposti a un processo di fermentazione, il prodotto risultante è pieno di batteri ed enzimi utili. 

Mangiare cibi fermentati è un ottimo modo per portare fonti naturali di probiotici nel vostro sistema, con una più ampia varietà di ceppi rispetto a quelli che possono essere trovati in un integratore probiotico. 

Cibi fermentati come i crauti freschi, il kimchi, il kefir o la kombucha fanno parte di tradizione culinarie che si perdono nel passato e che dovremmo riprendere in considerazione per migliorare la biodiversità della nostra flora intestinale (meglio definirla “microbiota intestinale”)


9. Mangia più alimenti prebiotici

I prebiotici sono componenti di alimenti ordinari che stimolano la crescita di batteri intestinali benefici, in grado di migliorare il tuo benessere intestinale.

Non fare confusione però con i “probiotici” (in genere sono conosciuti come fermenti lattici): i “prebiotici” sono in buona sostanza un nutrimento ideale per i batteri buoni.

Alcune fonti di prebiotici amici dell’intestino irritabile includono banane e mirtilli.

Purtroppo, molti degli alimenti che rappresentano una buona fonte di prebiotici sono anche ad alto contenuto di Fodmaps (sigla che sta per “Fermentable Oligosaccharides, Disaccharides, Monosaccharides and Polyols” ovvero Oligosaccaridi, Disaccaridi, Monosaccaridi Fermentabili e Polioli), zuccheri che sono presenti in alcuni alimenti che possono causare l’insorgenza dei sintomi del colon irritabile.

Sperimenta introducendo i seguenti alimenti prebiotici in piccole porzioni per capire se sei ingrado di tollerarli senza peggiorare i sintomi:


  • Asparagi
  • Aglio 
  • Topinambur 
  • Porri 
  • Cipolle 
  • Grano 
  • Segale


10. Riduci lo zucchero e gli alimenti contenenti carboidrati raffinati 

​Le diete moderne sono diventate eccessivamente ricche di zuccheri e carboidrati raffinati, in particolare farina bianca. 

Anche se gli alimenti che contengono questi ingredienti sono convenienti, raramente sono sani e nutrienti. 

I carboidrati ottenuti da zuccheri e da farine a cui hanno rimosso la parte contenente la fibra possono contribuire ad un equilibrio malsano della flora intestinale e quindi condurre a indesiderati sintomi digestivi.
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7 (falsi) miti sulla Sindrome dell'Intestino Irritabile

4/2/2021

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Sebbene in Italia si stimi che il 10-20% soffra della Sindrome dell'Intestino Irritabile ( o Sindrome del Colon Irritabile, più impropriamente definita anche come "colite") , c'è ancora molta confusione su questa condizione, sia in termini di inquadramento del problema sia nella definizione dei trattamenti più opportuni.

In questo contesto, non è improbabile che idee sbagliate prendano piede sostituendo le opinioni ai fatti.

Se soffri di problemi intestinali collegabili alla Sindrome del Colon Irritabile, dovresti conoscere la verità su 7 falsi miti collegati a questi disturbi.

MITO n. 1 - La Sindrome del Colon Irritabile non è un problema a cui dare peso

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La Sindrome del Colon Irritabile può influenzare in modo significativo la qualità della vita, la carriera lavorativa, le relazioni e molti altri aspetti della vita di chi ne è affetto.

Sottostimare le implicazioni collegate a questa condizione in seguito ad un approccio non approfondito del proprio medico ("sarà un po' di stress") o degli stessi familiari ("ma non ti preoccupare... cosa vuoi che sia un po' di gonfiore di pancia....") è un errore piuttosto comune.
 
Eppure disturbi come diarree improvvise o spasmi intestinali dovuti ad un eccesso di gas intestinali possono risultare spesso limitanti di molte azioni quotidiane.


Chi ha superato molti dei disturbi acuti della Sindrome del Colon Irritabile rimase spesso incredulo di fronte ai progressi che è riuscito ad ottenere dopo l'aiuto di uno specialista. 

Poter uscire a mangiare una pizza con gli amici o riprendere a poter fare molte attività di routine senza il pensiero di correre al bagno o di fermarsi per i dolori intestinali è un sollievo che può cambiare la vita di una persona.


​MITO n. 2 - Ottenere una diagnosi corretta richiede molti test diagnostici

Molte persone con sintomi di Sindrome dell'Intestino Irritabile rimandano la visita con il proprio medico, pensando di doversi sottoporre a una serie di test costosi o invasivi. 

Tuttavia, la maggior parte delle diagnosi di Sindrome dell'Intestino Irritabile non ha bisogno di molti esami. 

Esiste infatti una serie di criteri, denominati Criteri di Roma, che possono essere utilizzati per diagnosticare la Sindrome del Colon Irritabile.

Solo in caso di segnali importanti, come il sangue nelle feci, o riconducibili ad altre patologie, il medico potrebbe richiedere un approfondimento diagnostico che in molti casi potrebbe essere fondamentale per cogliere in tempo situazioni più gravi.


​MITO n. 3 - La Sindrome dell'Intestino Irritabile è causata dall'ansia o dalla stress

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Anche se ancora non è perfettamente chiaro da cosa origini la malattia, si sa che la causa non è nella "testa" delle persone.

Questo falso mito è uno dei più pericolosi e causa molto stigma in chi è affetto da questa condizione.

La Sindrome dell'Intestino Irritabile è un disturbo funzionale, il che significa che non ci sono segni visivi evidenti di malattia, come l'infiammazione presente nella malattia infiammatoria intestinale.

Tuttavia, è ancora un vero disturbo gastrointestinale.

Sebbene stress, ansia e depressione possano aumentare i sintomi, non causano la Sindrome dell'Intestino Irritabile.

L'origine dei sintomi sembra sia legata ad una sorta di "ipereccitabilità" dell'apparato gastrointestinale, ma certamente non ad una condizione psichica.


​MITO n. 4 - Solo una dieta drastica è in grado di alleviare i sintomi della ​Sindrome dell'Intestino Irritabile

A volte i cambiamenti nella dieta possono fare la differenza. 

Ma non possono curare la sindrome e non funzionano per tutti.

Molte persone cambiano in continuazione il proprio piano alimentare nella speranza di controllare i disturbi della Sindrome del'Intestino Irritabile.

Tuttavia, non sempre il cibo è la causa dei sintomi.

I trattamenti consigliati nelle linee guida internazionali per la Sindrome del Colon Irritabile, possono includere cambiamenti allo stile di vita, all'interpretazione delle proprie emozioni, ad un riposo adeguato, a tecniche di rilassamento mentale o terapie farmacologiche e non solamente a modifiche nella propria alimentazione.


​MITO n. 5 - La Sindrome dell'Intestino Irritabile e l'intolleranza al lattosio sono la stessa cosa

Essere intolleranti al lattosio significa che il proprio corpo non può digerire il lattosio, uno zucchero naturale che si trova nel latte e nei latticini. 

Questa intolleranza provoca 
problemi digestivi come un eccesso di gas e gonfiore addominale. 
. 

Ma la Sindrome dell'Intestino Irritabile IBS non è causata da un unico alimento.


La riduzione o l'eliminazione del lattosio (così come può accadere con il glutine) può ridurre alcuni dei sintomi della Sindrome del Colon Irritabile per alcune persone, ma non per tutti.

Evitare il lattosio di solito aiuta solo quando vengono adottati anche altri cambiamenti nella dieta, come mangiare meno fagioli e più fibre.


​MITO n. 6 - La fibra può curare la Sindrome dell'Intestino Irritabile

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La fibra, ovvero quella parte dei vegetali che il corpo non è in grado di digerire, ma fondamentale per la salute, può contribuire ad alleviare la stitichezza correlata ad alcune forme di Sindrome del Colon Irritabile.

Non è però una cura. 

In molti casi, quando l'intestino è particolarmente infiammato, l'assunzione di fibre può peggiorare il dolore ed il gonfiore.

Nei casi di costipazione, è consigliabile aggiungere più fibre alla propria dieta in modo graduale iper permettere all'intestino il tempo di abituarsi.

MITO n. 7 - La Sindrome dell'Intestino Irritabile può portare a malattie intestinali o al cancro del colon

Le malattie infiammatorie intestinali (l'acronimo in inglese è IBD, Inflammatory Bowel Disease) sono il morbo di Crohn e la colite ulcerosa.

Sebbene IBD suoni simile all'acronimo inglese della Sindrome dell'Intestino Irritabile IBS (Irritable Bowel Syndrome), le due condizioni sono molto diverse l'una dall'altra.

L'IBD è una malattia organica caratterizzata dalla presenza di infiammazione nell'intestino.

Nella Sindrome del Colon Irritabile o IBS, non c'è malattia visibile e i sintomi sono il risultato di un apparato gastrointestinale non funzionante.

L'IBS non si trasforma in IBD e le persone con IBS non sono a maggior rischio per nessuna delle complicanze associate all'IBD, come la chirurgia, la necessità di una stomia o lo sviluppo di cancro del colon-retto. 
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Natale, regali e mangiar sano...

29/12/2020

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Oggi voglio condividere con te un "regalo" speciale di un amico e grande chef, Davide Colferai.

Davide con il suo staff nei giorni precendent il Natale si è attivato per raccogliere adesioni di amici, colleghi e fornitori per poter preparare e offrire a famiglie in difficoltà un "pranzo di Natale" con i fiocchi.

Siccome Davide però non si accontenta di "fare", ma cerca sempre di "fare il meglio", ha voluto preparare un menù speciale non solo in grado di soddisfare il palato, ma anche capace di rispettare il benessere delle persone.

Per questo, mi ha chiesto un mio piccolo contributo nel verificare (con la necessaria "tolleranza" per un evento così speciale) un menù salutare e ricco di qualità.

L'iniziativa è balzata anche agli onori delle cronache e soprattutto si è potuta realizzare in modo concreto. e collaborativo.

Ringrazio Davide per avermi voluto coinvolgere e soprattutto per aver infine voluto renderci tutti partecipi di questa iniziativa, regalandoci anche parte dei suoi "segreti" con il ricettario che vi allego in calce a questo testo.



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Buone Feste!



​CLICCA QUI PER SCARICARE IL RICETTARIO:
Ricettario_solidale.pdf
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File Type: pdf
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Così il coronavirus si diffonde nell'aria

28/10/2020

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Visto l'interesse scientifico e la chiarezza dei contenuti presentati, ripropongo in italiano l'articolo  "Un salón, un bar y una clase: así contagia el coronavirus en el aire " pubblicato sulla versione on line de El Paìs in data  28 ottobre 2020
Sostare negli ambienti chiusi rappresenta una delle situazioni più pericolose per il contagio da Sars-Cov-2, ma i rischi possono essere ridotti al minimo mettendo in atto tutte le misure disponibili per contrastare il contagio da aerosol. 

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In questo articolo vengono prese in esame le probabilità di contagio da Covid-19 in tre differenti scenari quotidiani a seconda della ventilazione, dell'uso di mascherine e della durata della permanenza nel locale.
Sala o salotto
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Sei persone si riuniscono in una casa, una delle quali è infetta. Il 31% dei focolai conosciuti in Spagna si verifica in questo tipo di incontro sociale, soprattutto negli incontri con la famiglia e gli amici.
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​Indipendentemente dalla distanza, se passassero quattro ore senza mascherine o ventilazione e senza parlare ad alta voce, le altre cinque persone si contagerebbero (secondo il modello scientifico spiegato nella metodologia).
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​In caso di utilizzo di mascherine,  tale rischio si ridurrebbe a quattro contagiati.
​Le mascherine da sole non evitano il contagio se l'esposizione è molto lunga.
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Il rischio di infezione si riduce al di sotto di una persona infetta quando il gruppo utilizza le mascherine, riduce della metà la durata dell'incontro e inoltre arieggia il locale .
Il Sars-Cov-2 si diffonde nell'aria, soprattutto negli ambienti interni.

Non è contagioso come il morbillo, ma gli scienziati già riconoscono apertamente il ruolo che il contagio da aerosol gioca nella pandemia, minuscole particelle contagiose che una persona malata espira e che rimangono sospese nell'aria in ambienti chiusi.

Come funziona questa modalità di contagio? E soprattutto, come affrontarla?
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In questo momento, le autorità sanitarie riconoscono tre modalità di contagio del covid:

- attraverso le gocce che gli infetti espellono quando parlano o tossiscono, che finiscono negli occhi, nella bocca o nel naso della persona infetta.;

- attraverso le superfici contaminate, sebbene i Centri Statunitensi per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (CDC) indichino che questo caso sia il meno probabile e il 
Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie avverte che non è stato descritto nemmeno un contagio in quel modo. 

- attraverso gli aerosol, inspirando queste particelle infettive invisibili che una persona malata espira e che si comportano come il fumo quando escono dalla bocca. Senza ventilazione, rimangono sospese e si condensano nella stanza col passare del tempo.
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Senza ventilazione, gli aerosol vengono sospesi e si condensano nella stanza col passare del tempo.
Respirare, parlare e urlare sono potenzialmente contagiosi
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All'inizio della pandemia, si riteneva che il principale veicolo di contagio fossero quelle grosse goccioline che espelliamo tossendo o starnutendo. 

Tuttavia, ora sappiamo che anche 
urlare o cantare a lungo in uno spazio chiuso e scarsamente ventilato genera un alto rischio di contagio. 

Ciò accade perché quando parliamo a pieni polmoni vengono rilasciate 50 volte più particelle cariche di virus rispetto a quando siamo in silenzio. 

Questi aerosol, se non dispersi con la ventilazione, si concentrano nel tempo aumentando il rischio di contagio. 

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Gli scienziati hanno dimostrato che queste particelle, che liberiamo anche quando respiriamo o con mascherine mal posizionate, possono essere contagiose 
entro cinque metri da una persona infetta e per molti minuti, a seconda delle condizioni.

Queste sono le situazioni che riproduciamo in questi esempi e che dovrebbero essere evitate a tutti i costi.
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In primavera, le autorità sanitarie hanno ignorato questa via di infezione, ma recenti pubblicazioni scientifiche hanno costretto l'Organizzazione Mondiale della Sanità o il CDC a riconoscere questo rischio. 

Un articolo su Science parla di prove "schiaccianti" e il CDC osserva che " in determinate condizioni , le persone con Covid-19 possono infettare altri soggetti anche qualora si trovino a più di due metri di distanza. 

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Questo tipo di  contagi sono avvenute all'interno di spazi chiusi con ventilazione inadeguata. A volte la persona infetta respirava profondamente, ad esempio quando cantava o si allenava.
Un bar o un ristorante

​I focolai scoppiati in eventi, all'interno di locali come bar e ristoranti rappresentano una parte importante dei contagii nella sfera sociale.

In particolare, sono proprio queste le situazioni più "esplosive": ogni focolaio in una discoteca presuppone in media 27 persone contagiate, contro solo 6 contagi in incontri familiari, come quelli presi in esame all'inizio.

Come esempio di quello che può essere uno di questi super contagi, abbiamo preso a riferimento quello che è successo in una discoteca di Cordoba, con 73 infetti dopo una serata  O il contagio di 12 clienti in un bar del Vietnam, recentemente analizzato dai ricercatori.
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In questo bar la capacità è ridotta della metà, con 15 persone che consumano e tre dipendenti.
​Le porte sono chiuse e non c'è ventilazione meccanica.
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Nel peggiore dei casi, senza prendere alcuna misura di precauzione, dopo quattro ore verrebbero infettati 14 persone.
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Se le persone indossassero permanentemente le mascherine, la probabilità scenderebbe a 8 infezioni.
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Ventilando i locali, cosa che può essere fatta con un buon impianto di condizionamento, e se il tempo trascorso al bar si accorciasse , la probabilità di contagio precipiterebbe a una sola persona.
La scuola
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I centri educativi rappresentano solo il 6% dei focolai individuati dalle autorità sanitarie. 

Le dinamiche di contagio da aerosol in classe sono molto diverse se il "paziente zero" è uno studente o un insegnante. 

Gli insegnanti parlano molto più a lungo, alzando la voce per essere ascoltati, il che moltiplica l'espulsione di particelle potenzialmente contagiose. In confronto, uno scolaro infetto parla molto più sporadicamente. 

Il governo spagnolo ha già raccomandato, 
con una guida del CSIC , che le aule siano arieggiate anche superando il disagio del freddo o che vengano utilizzate apparecchiature di ventilazione.
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La situazione più pericolosa si verificherebbe in un'aula non ventilata in cui la persona infetta fosse l'insegnante (paziente 0).
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Se passassero due ore in classe con un insegnante infetta, senza adottare alcuna misura di prevenzione contro gli aerosol, la probabilità di contagio si alzerebbe a 12 studenti.
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Se tutti indossassero una mascherina, le probabilità di contagio si ridurrebbero a 5 studenti.
In focolai reali è stato osservato che la distribuzione dei contagi è casuale, poiché gli aerosol si accumulano e si distribuiscono in tutta la stanza senza ventilazione.
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Se dopo un'ora di lezione ci si fermasse per rinnovare completamente l'aria (naturalmente o meccanicamente), il rischio si attenuerebbe.
Per calcolare le probabilità di contagio delle persone presenti in situazioni di rischio, utilizziamo un simulatore sviluppato da un gruppo di scienziati, guidato dal professor José Luis Jiménez (Università del Colorado), creato con l'intento di mostrare l'importanza dei fattori che ostacolano la diffusione degli aerosol. 

Il calcolo non è esaustivo né può comprendere le innumerevoli variabili che concorrono al contagio, ma serve ad illustrare l'andamento dei rischi in base ai fattori sui quali possiamo intervenire. 
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I soggetti mantengono una distanza di sicurezza nelle simulazioni, eliminando il rischio di contagio da goccioline, ma possono comunque infettarsi se non agiscono aggiungendo tutte le misure contemporaneamente: ventilare correttamente, accorciare gli incontri, ridurre la capacità e indossare mascherine. 

In tutti i contesti, lo scenario ideale sarebbe all'aperto, dove le particelle infettive si diradano rapidamente.


I calcoli mostrati nei tre scenari si basano su studi su come si verificano le infezioni da aerosol, con focolai reali che sono stati analizzati in dettaglio. Un caso molto utile per comprendere le dinamiche del contagio indoor è stato sperimentato durante le prove del coro nello Stato di Washington (USA) a marzo. 

Solo 61 dei 120 membri del coro hanno assistito alle prove e hanno cercato di mantenere le distanze e l'igiene. 
Senza saperlo, hanno causato uno scenario di massimo rischio: niente mascherine, niente ventilazione, canto e condivisione dello spazio per molto tempo. 

Un singolo infettato da covid, paziente zero, ha infettato 53 persone in due ore e mezza.  Alcuni di quelli infetti erano a 14 metri dietro di loro, quindi solo gli aerosol possono spiegare il contagio.  ​Due dei malati sono morti.
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Dopo aver studiato attentamente questo focolaio, gli scienziati sono stati in grado di calcolare in che misura il rischio sarebbe stato ridotto se avessero agito contro il contagio aereo.

In condizioni reali, il contagio ha colpito l'87% dei presenti. Indossando le mascherine durante l'evento, il rischio sarebbe stato dimezzato. In una esibizione più breve e con maggiore areazione, solo due cantanti sarebbero stati contagiati. 

Questi scenari super contagiosi sembrano sempre più decisivi nello sviluppo e nella diffusione della pandemia,. Per questo avere strumenti per prevenire infezioni massicce in eventi di questo tipo è fondamentale per controllare la diffusione del virus.



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Se apprezzi informazioni come questa che hai appena letto, sostieni  EL PAÍS. Fallo  cliccando qui


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Metodologia: Abbiamo calcolato il rischio di infezione da covid-19 utilizzando uno strumento sviluppato da José Luis Jiménez, un esperto di chimica e dinamica delle particelle nell'aria presso l'Università del Colorado. Altri colleghi di tutto il mondo hanno esaminato questo simulatore, che si basa su dati e metodi pubblicati per stimare l'importanza di diversi fattori misurabili coinvolti in uno scenario di contagio. Tuttavia, il modello ha una precisione limitata perché si basa su numeri ancora incerti, come quanti virus infettivi emette una persona infetta o la loro infettività. Il modello presuppone che le persone praticano il distanziamento fisico di due metri e che nessuna persona sia immune. Nel nostro calcolo assegniamo alle maschere il valore predefinito per la popolazione generale.
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Testi di MARIANO ZAFRA e  JAVIER SALAS - Video di Luis Almodóvar
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Traduzione italiana di Elisabetta Dall'Oro
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5 metodi per combattere l'infiammazione

21/9/2020

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Stanchezza, spossatezza, problemi intestinali, aumento di peso, disturbi del sonno, maggiore suscettibilità ad infezioni e ad allergie, sono solo alcuni dei segni associati alla cosidetta "infiammazione cronica silente".

L'infiammazione è un meccanismo attuato dal nostro organismo per difendersi da un danno di origine infettiva (virale o batterica), un trauma o un'intossicazione (da farmaci o sostanze tossicche) con lo scopo di elimnare l'agente lesivo e riparare il danno subito.

A seconda della durata e dei tessuti coinvolti l'infiammazione si può definire acuta o cronica.

In particolare, la ricerca ha evidenziato che la scomparsa dei classici evidenti sintomi di infiammazione (aumento della temperatura, arrossamento, edema e dolore)  non è da considerarsi come risoluzione dello stato infiammatorio.

Possono infatti persistere in modo occulto diversi focolai infiammatori asintomatici che si accumulano nel percorso della vita e che possono condurre ad uno stato definito infiammazione cronica silente (ICS).

A scatenarla possono essere virus, batteri o traumi (basta pensare a cosa succede quando ci si sloga una caviglia), ma non solo.

Anche condizioni di salute come l’obesità o la pre-ipertensione, malfunzionamenti dei globuli bianchi, la presenza di un tumore, lo stress e alcune abitudini (fumare, non praticare abbastanza attività fisica, non dormire abbastanza o un’alimentazione poco equilibrata) possono portare allo sviluppo della cosiddetta infiammazione cronica, cioè a un significativo aumento dei livelli di infiammazione nell’organismo.

In particolare, con l’avanzare dell’età l’organismo può entrare in uno stato di infiammazione cronica di basso grado che non dipende da infezioni ma da fattori interni all’organismo stesso (come la presenza di proteine ossidate) o da altri fattori esterni (come l'eccesso calorico nell'alimentazione) che attivano il sistema immunitario in modo cronico e modificano il metabolismo.

Anche il microbiota intestinale (la flora batterica che vive nell’intestino umano) può dare il suo contributo.

L’aumento dell’aspettativa di vita costringe il sistema immunitario ad affrontare tutti questi fattori sempre più a lungo, aumentando la risposta infiammatoria.

Per di più con il passare del tempo la capacità del sistema immunitario di far terminare l’infiammazione diminuisce.

Tutto ciò promuove il cosiddetto inflammaging, l’infiammazione cronica di basso grado associata all’avanzare dell’età.

L’infiammazione cronica è infatti una delle cause principali dei problemi di salute tipicamente associati all’invecchiamento.

È per esempio associata all’aterosclerosi, cioè alla formazione di quelle placche nella parete delle arterie che possono favorire infarti e ictus.

Inoltre è stata associata a malattie come il diabete di tipo 2, l’osteoporosi, l’Alzheimer, il Parkinson e anche a tumori (per esempio al carcinoma epatocellulare, il cancro del colon e il tumore al polmone).

Per questo contrastarla può aiutare sia a vivere a lungo sia a farlo nel miglior stato di salute possibile.


Per iniziare a ridurre l'infiammazione cronica silente, è importante agire da subito sul tuo stile di vita, in particolare su cinque fattori fondamentali
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I CINQUE METODI ANTINFIAMMATORI

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​1. Scegli una alimentazione antinfiammatoria.

Il cibo è un veicolo fondamentale di buona salute e energia.

La tipologia di alimenti di cui ci si nutre, ma anche i metodi di cottura possono influire sullo stato di infiammazione.

Prediligi per quanto possibile, cibi semplici e poco lavorati, il più vicino possibile a come si presentano in natura.: qualsiasi piatto industrale con più di cinque ingredienti dovrebbe essere guardato con sospetto.

Mangia più verdure, variando spesso la varietà ed aumenta il consumo di proteine "nobili", come pesce, uova, legumi e pollame (indispensabili per costruire cellule, tessuti connettivi e muscoli).

Al contrario, riduci il consumo di farine, zuccheri raffinati, grassi saturi e idrogenati. 

Le modalità di cottura del cibo sono inoltre determinanti per preservare le proprietà degli alimenti e per evitare la produzione di sostanze nocive durante la trasformazione dei cibi.

Prediligi per questo cotture brevi in umido o al vapore.

Insaporisci le pietanze con combinazioni di spezie, riducendo al contempo il consumo di sale.



2. Tieni sotto controllo il livello di zuccheri nel sangue.

Resistere alla tentazione di un alimento ricco di zuccheri non è facile: il nostro organismo è stato programmato geneticamente per fare riserva di cibi "dolci".

Purtroppo, rispetto a 70.000 anni fa, al momento non rischiamo periodi di assenza prolungata dalle fonti di cibo, ma dobbiamo lottare con l'istinto che ci è stato attribuito di immagazzinare zuccheri (che peraltro rispetto ai tempi dell'Homo Sapiens sono molto più raffinati).

Evita quindi di tenere a portata di mano biscotti, gelati, bibite zuccherate, succhi di frutta, merendine: il sistema più sicuro per resistere agli zuccheri è non averli a portata di mano.

Rimodula le tue colazioni verificando di introdurre quantità adeguata di proteine, grassi buoni, frutta e semi oleosi.

Seleziona preferibilmente i carboidrati "complessi",  tra cui avena, grano saraceno, patate dolci, quinoa, riso integrale e se ami il grano, scegli preferibilmente pasta e pane preparati con il lievito madre, la cui fermentazione riduce il glutine.

Anche nei restanti pasti giornalieri, fai in modo di consumare insieme ai carboidrati tutti gli altri macronutrienti (proteine  e grassi).

Iniziare dalla verdura, proseguendo con proteine e grassi e solo in un secondo momento i carboidrati permette di innalzare i livelli di insulina in modo più graduale con il vantaggio di stimolare maggiormente il senso di sazietà.

 

3. Resta in movimento ogni giorno.

Sfruttare ogni occasione che abbiamo a disposizione per fare attività fisica diminusice l'infiammazione nel corpo.

E' essenziale fare movimento tutti i giorni, adattando la tipologia di attività fisica in base ai ritmi della giornata, alla propria agenda e alle necessità familiari.

​Per molti, sembra una sfida impossibile, eppure è solo questione di metodo, di abitudini, di volontà.  

Camminare è fondamentale. Almeno 7000 passi giornalieri sono la base su cui fondare la propria salute.

L'esercizio aerobico, ovvero qualcosa che ti faccia sudare, è inoltre particolarmente postivo per la salute.

Non va però dimenticato (due volte a settimana è il minimo richiesto) l'allenamento sulla forza muscolare che faciliterà la comunicazione con il sistema immunitario e soprattutto agirà in senso antiinvecchiamento.

Su questo argomento, la scusa della mancanza di tempo è sempre dietro l'angolo. 

Verifica quante ore trascorri sui social, ad esempio, e inizia a pianificare la tua attività fisica con qualcuno che ti guidi: scoprirai che non è il tempo il fattore che ti manca.


4. Combatti lo stress 

Lo stress aumenta l'infiammazione attraverso la produzione del cortisolo, un ormone che produce l'organismo durante le sollecitazioni esterne.

Imparare a controllare i propri livelli di stress è fondamentale. 

Per questo, diventa importante pianificare i propri tempi di recupero ottimizzando durata e qualità del sonno.

Sforzati di andare a letto entro le undici di sera in modo da mantenere al minimo i livelli di cortisolo e migliorare la produzione della melatonina (un ormone che ottimizza il ritmo sonno veglia). 

Viviamo in un'era di grandi sollecitazioni mentali.: ritmi di vita, stimoli visivi, competizioni lavorative, informazioni continue.

Rispetto al nostro antenato Homo Sapiens siamo continuamente in uno stato di ipervigilanza.

Per questo, diventa fondamentale imparare qualche tecnica per migliorare la propria resistenza allo stress.

La respirazione profonda e la meditazione dovrebbero diventare parte integrante delle nostre giornate per aiutarci a resistere con più efficacia ai ritmi esasperanti della vita moderna.



5. Impara la gratitudine

Vivere perennemente in contrasto tra i propri comportamenti e i propri bisogni aumenta notevolmente lo stress.

Per ritrovare il giusto equilibrio, uno dei metodi più opportuni per imparare a comunicare con te stesso è tenere un diario quotidiano.

Scrivere quotidianamente i propri pensieri e appuntare alcune situazioni di cui essere grato è una tecnica scientificamente validata per aiutarsi a ritrovare un certo benessere interiore, focalizzare le proprie aspettative ed i propri obiettivi, aumentare l'autostima, rafforzare l'autodisciplina, stimolare l'intelligenza emotiva, migliorare la comunicazione interpersonale.

Ti sembra impossibile, vero?

Eppure numerosi studi clinici sullo strumento del diario hanno dimosrato proprio questi benefici.

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Mi rendo conto che mettere in pratica tutti questi principi è più facile a dirsi che a farsi, specie se fino ad ora non ti sei mai preoccupato delle conseguenze del tuo stile di vita sulla tua salute.

Tuttavia, se sei una persona che insegue il proprio benessere come obiettivo primario, ti assicuro che è solo una  questione di metodo e priorità.  

Se vuoi saperne di più continua a seguirmi in questo blog.
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Lattoferrina e Covid-19

31/8/2020

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Da qualche settimana in rete si fa un gran parlare di un integratore che sembrerebbe in grado di ostacolare l'infezione da Sars-Cov-2: la lattoferrina.

Vediamo insieme cosa c'è di vero in questa notizia e soprattutto a che punto è la ricerca sull'utilizzo della lattoferrina come integratore con attività immunomodulatrice.



CARATTERISTICHE DELLA LATTOFERRINA

La lattoferrina è una glicoproteina che appartiene alla famiglia della lattoferrine che trasportano ferro, anche denominate transferrine, originariamente isolata dal latte bovino, in cui si trova come componente proteica minore all'interno delle proteine del siero del latte.

La lattoferrina è considerata una proteina multifunzionale con più ruoli biologici e uno tra i più importanti fattori dell’immunità naturale non anticorpale.

Vista la sua capacità di legare il ferro, si pensa che la lattoferrina possa rappresentare la fonte di ferro per i neonati allattati al seno.



ATTIVITA'  DELLA LATTOFERRINA

La lattoferrina inoltre esplicherebbe proprietà antibatteriche, antivirali, antifungine, antinfiammatorie, antiossidanti e immunostimolanti.

La possibile attività antibatterica è attribuibile in parte alla sua capacità di legare stabilmente il ferro che è essenziale per favorire la crescita dei batteri patogeni.

L'effetto antivirale potrebbe invece essere giustificato dalla sua azione inibente la fusione tra il virus e la cellula e pertanto dell'ingresso del virus nella stessa.

Una serie di studi condotti in vitro e su modelli animali hanno dimostrato che la lattoferrina esercita effetti fungicidi e battericidi.

Questa molecola possiede un'efficacia significativa nei confronti di Escherichi coli, Proteus mirabilis, Staphilococcus aureus, Candida albicans e altri germi patogeni.

In vitro, la lattoferrina ha dimostrato un'efficacia significativa nei confronti dei virus HIV, herpes simplex tipo I, dell'epatite C, citomegalovirus ed alcuni altri.

Mancano tuttavia studi clinici adeguati al riguardo. 

​

COVID-19  E LATTOFERRINA

Prendendo spunto da queste indicazioni, un team di ricercatori italiani del Policlinico Tor Vergata, ha dato il via ad uno studio clinico per i pazienti Covid-19 paucisintomatici ed asintomatici per valutare l’efficacia e la sicurezza di una formulazione innovativa di lattoferrina, somministrata per uso orale e ed intranasale.

Questo trial clinico è stato, secondo il team di ricercatori, il primo approvato, sull’utilizzo della lattoferrina nei pazienti Covid positivi a livello nazionale ed internazionale.

I risultati ottenuti nei pazienti (ancora da pubblicare) avrebbero dimostrato l’efficacia della lattoferrina nel favorire, senza effetti avversi, la remissione dei sintomi clinici nei pazienti Covid-19 positivi sintomatici (ricordo sempre che si trattava di pazienti asintomatici o paucisintomatici) e la negativizzazione del tampone già dopo 12 giorni dal trattamento.

I ricercatori, inoltre sostengono che anche dagli esami ematici si siano osservati risultati notevoli che saranno presto pubblicati.

In sintesi è stata somministrata la lattoferrina a due gruppi di pazienti: a un gruppo appartenevano persone asintomatiche positivi al tampone, all’altro gruppo persone paucisintomatiche (cioè con CoVid-19 in forma lieve).

I risultati ottenuti sembrerebbero incoraggianti: scomparsa dei sintomi nel secondo gruppo e negativizzazione del tampone in tutti i gruppi.

La lattoferrina non è stata sperimentata però nelle forme di CoVid-19 più severe (con polmonite interstiziale), quindi attualmente è tutto ancora in fase di ipotesi per quanto riguarda il suo effetto curativo nei malati gravi.

Allo stesso tempo, il gruppo di ricerca di Tor Vergata ha ipotizzato che la lattoferrina possa ostacolare il Coronavirus (Sars-CoV-2), subito dopo il suo ingresso nell’organismo, prima che infetti le cellule e, quindi, scateni la malattia.

Anche questo aspetto dovrebbe essere confermato e studiato più nel dettaglio nei prossimi mesi.



QUALCHE CONSIDERAZIONE

Prima di lasciarci andare a facili entusiasmi, credo sia però opportuno fare qualche considerazione più approfondita.

Cominciamo sottolineando innazitutto, che lo studio del Tor Vergata deve essere ancora pubblicato: stiamo parlando di ipotesi o tutt'al più di qualche risultato preliminare ancora da confermare in un numero di pazienti non molto elevato.

L'unica pubblicazione attualmente disponibile è una revisione delle proprietà della lattoferrina  con cui il team del Tor Vergata propone di progettare uno studio clinico per valutare e verificare il suo effetto nei pazienti positivi al Covid-19 utilizzando un trattamento di duplice combinazione con una formulazione spray intranasale locale e solubilizzata e somministrazione orale.

Questo studio è stato pubblicato sull’International Journal of Molecular Sciences, una rivista open access, non di eccelsa qualità ( l'impact factor era di 4.183 nel 2018 – quello di Nature, ad esempio, era 42.778).

Puoi 
leggere lo studio completo a questo link su MDPI..

Già nell'abstract è evidente che non si tratta di uno studio vero e proprio, ma piuttosto di una revisione degli studi disponibili sulla lattoferrina per formulare un razionale di impiego nella malattia da Covid-19..

La ricerca vera e propria sui pazienti iniziata a maggio 2020 dagli stessi ricercatori non è stata infatti ancora pubblicata nemmeno in pre-print (non è disponibile in alcun modo e non è ancora stata verificata da altri scienziati) e quindi stiamo parlando di dati preliminari ancora non verificati.

Peraltro, nelle conclusioni della pubblicazione,  sono proprio gli stessi ricercatori che affermano di ritenere che sia necessario uno studio clinico (che infatti non è ancora concluso) e dicono che la lattoferrina “potrebbe essere usata in pazienti asintomatici o lievemente sintomatici per prevenire il peggioramento della SARS-CoV2”.

​
Dobbiamo anche considerare che la maggior parte delle possibili azioni della lattogerrina assunta per via orale potrebbe essere circoscritta nell'intestino.

Consci di questa caratteristica, i ricercati del Tor Vergata hanno infatti proposto la progettazione di uno studio clinico per valutare e verificare l'effetto della lattoferrina utilizzando un trattamento di duplice combinazione con formulazione spray intranasale locale e solubilizzata e somministrazione orale".

Estendere quindi gli eventuali risultati incoraggianti dello studio alla sola somministrazione orale (così come fatto da diverse aziende di integratori in capsule o compresse) è pertanto qualcosa che non è corretto fare dal punto di vista scientifico.

Nei ringraziamenti della revisione in questione infine gli autori menzionano una azienda sponsor che ha fornito proprio il tipo di lattoferinna liposomiale con cui è stato condotto lo studio. 

Nulla di straordinario, ben intenso, ma in casi come questo è bene essere cauti ed aspettare quindi conferme più solide ed indipendenti.



RIASSUMENDO...

L'utilizzo di integratori di vario tipo nella prevenzione delle infezioni respiratorie e nei malanni dell'inverno  è senza dubbio affascinante.

La letteratura scientifica però ci insegna che non sempre quello che è stato dimostrato in vitro trova una corrispondenza clinica rilevante anche sull'uomo.

Il marketing e gli interessi dei produttori portano spesso a conclusioni fuorvianti.

La notizia dello studio del Tor Vergata sulla lattoferrina come integrazione utile nel trattamento delle forme più lievi di Covid-19 deve essere pertanto presa con le pinze in attesa di evidenze più solide e soprattutto verificate dalla comunità scientifica.

Se davvero sei interessato a ottimizzare le tue difese immunitarie, ti consiglio di iniziare a lavorare innanzitutto sul tuo stile di vita.

Alimentazione bilanciata, attività fisica moderata e costante, riduzione dello stress, ottimizzazione dei ritmi circadiani e buona qualità del sonno possono aiutarti a mantenere efficiente il tuo sistema immunitario.

L'industria alimentare e la società dei consumi ci impongono abitudini errate che sono molto più impattanti sulla nostra salute di un qualsiasi rimedio "immunostimolante".

Qualsiasi forma di integrazione non può prescindere da uno stile di vita ottimale e soprattutto deve essere presa in considerazione sulla base di eventuali carenze (o microcarenze) personali da valutare persona per persona e non sulla base di affascinanti e spesso discutibili proposte di marketing.


Dott. Francesco Fratto
Farmacista e Lifestyle Trainer
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