Molto è stato scritto sui benefici della Mindfulness (Meditazione di Consapevolezza). Una ricerca suggerisce che può contrastare stress, alleviare il dolore cronico e persino aumentare aspetti dell’umore, del pensiero e della memoria: ma qual è la realtà? ⭕ Mindfulness e Attenzione In uno studio di recente pubblicazione, i ricercatori dell’università australiana Sunshine Coast, hanno cercato di investigare come la Mindfulness possa migliorare la nostra capacità di prestare attenzione. Per farlo, hanno analizzato i dati raccolti in 81 adulti, in salute e sopra i 60 anni di età, che hanno partecipato ad un test a controllo casuale per verificare gli effetti immediati di un periodo di meditazione di 8 settimane, e gli effetti a lungo termine dopo 6 mesi, sull’attenzione e la fisiologia del cervello. Hanno scoperto che gli individui più anziani assegnati casualmente al periodo di meditazione mostravano miglioramenti sulla capacità della memoria, miglioramenti che perduravano alla visita di controllo anche 6 mesi dopo. Hanno anche scoperto cambiamenti alla fisiologia del cervello correlati al miglioramento dell’attenzione. ⭕ Attività Cerebrale e EEG Per misurare la fisiologia cerebrale, hanno osservato l’attività elettrica del cervello attraverso l’elettroencefalogramma, meglio conosciuto come EEG. Un EEG è molto simile a un elettrocardiogramma o ECG. Come ricorderai, quando fai un ECG, elettrodi vengono posizionati sul tuo petto per misurare l’attività elettrica del tuo cuore. Nell’EEG, gli elettrodi sono posizionati sulla testa, in modo da misurare l’attività elettrica del cervello. In realtà, questi ricercatori non erano realmente interessati all’attività elettrica del cervello, ma volevano focalizzarsi sulla relazione tra l’attività cerebrale e l’attenzione. Per farlo, hanno registrato gli EEG mentre i partecipanti compivano attività legate all’attenzione. Le attività consistevano nell’identificare coppie di lettere di dimensioni diverse il più velocemente possibile. Ogni volta che una coppia appariva sullo schermo, il momento esatto veniva segnato sul tracciato dell’EEG. Poi è stata fatta la media di tutte le 60 volte che una specifica coppia di lettere compariva sullo schermo, e la media è stata comparata comparata la relativa attività cerebrale con quella delle altre coppie di lettere. Questo confronto ha permesso ai ricercatori di misurare precisamente l’attività cerebrale specifica associata con l’attenzione. ⭕ “Bottom-up” e “Top-down” I ricercatori australiani hanno scoperto che 2 diversi tipi di processi cerebrali erano accresciuti dalla pratica della Mindfulness. Innanzitutto, l’addestramento alla Consapevolezza ha aumentato l’efficienza del cervello nel processare informazione derivante dai sensi. In altre parole, l’aumento dell’attenzione ha permesso ai partecipanti di vedere letteralmente le informazioni in maniera più accurata. Gli scienziati normalmente si riferiscono a questi miglioramenti nelle capacità sensoriali come accrescimenti “bottom-up” (dal basso verso l’alto) dei processi. In secondo luogo, la pratica costante della Mindfulness ha aumentato anche l’abilità del cervello di dirigere l’attenzione sull’informazione di interesse. Questo significa che i partecipanti sono stati più in grado di focalizzarsi sul loro compito, ignorando le distrazioni. Queste tipologie di processi di controllo con attenzione localizzata, sono spesso definiti processi “top-down” (dall’alto verso il basso). ⭕ Benefici della Mindfulness Ora ti sarà chiaro come la pratica deliberata della consapevolezza aumenti un aspetto del pensiero – l’attenzione – a livello della fisiologia del cervello. Ciò significa che concentrandosi sul momento presente, coltivando l’attenzione consapevole verso le sensazioni e seguendo il processo del respiro, puoi realmente migliorare l’abilità del tuo cervello a dirigere la tua attenzione e percepire in maniera accurata il mondo. Ci è stato insegnato che aspetti del tuo pensiero che definiscono il tuo QI, come l’attenzione, sono relativamente immutabili perché basati sulle funzioni del nostro cervello. In realtà, studi come questo ci dimostrano che è un’idea superata. Praticando attività cognitive come la Mindfulness, puoi letteralmente cambiare la tua mente, il tuo cervello ed il tuo QI. Articolo originale: "Can mindfulness change your brain?" - www.health.harvard.edu
Con l'aumento delle vaccinazioni e la diminuzione dei casi di COVID-19, si ricomincia a vivere. Tuttavia, dopo un anno e mezzo di vita in uno stato di isolamento e ipervigilanza, alcuni di noi sono nervosi all'idea di cambiare le abitudini maturate in tempo di pandemia. Uno studio dell'American Psychological Association ha riferito che la metà degli americani è ancora a disagio nei rapporti interpersonali, anche da vaccinati. La Sindrome delle Caverne La psicologia ha un nome per questo condizione di disagio, ovvero la "sindrome delle caverne". Durante la pandemia, abbiamo dovuto imparare nuove forme di comportamento, principalmente l'uso della mascherina, il distanziamento fisico e il lavaggio sistematico delle mani. Siamo più consapevoli dei pericoli delle malattie trasmissibili e molti di noi hanno perso amici e parenti a causa del COVID-19. Ciò significa che abbiamo sviluppato forti associazioni negative derivanti dall'incontro con altre persone, anche quelle che amiamo. Inoltre, molte delle nostre relazioni sociali si sono semplicemente atrofizzate mentre rimanevamo nelle nostre "caverne", e potrebbe sembrare imbarazzante stare con qualcuno con cui non parli da più di un anno. Per quanto le vaccinazioni aumentino e il numero di casi diminuisca non c'è modo di sapere con certezza se la persona che incontriamo sia sana. In questa situazione di incertezza può essere difficile affrontare le relazioni interpersonali. Ecco alcune linee guida, sviluppate da una combinazione di ricerca ed esperienza. 1. Procedi con calma e attenzione Anche se potrebbe essere allettante correre fuori dalla porta e abbracciare tutti quelli che vedi dopo essere stato completamente vaccinato, non è una buona idea, per molte ragioni. Dal punto di vista medico, i dati sui vaccini stanno ancora arrivando e la maggior parte dei ricercatori sostiene che dovremmo procedere con cautela nell'ampliare i nostri contatti. Non è necessario partecipare a un raduno di 200 persone; puoi iniziare invitando a cena a casa tua una coppia di amici vaccinati o facendo jogging senza mascherina. In questa fase, concentrati più sulla qualità dell'interazione, non sulla quantità. Le tue abilità sociali potrebbero essere arrugginite, quindi concediti il tempo di ricostruirle. 2. Concentrati sulle tue abitudini Ci è voluto un anno intero per imparare nuovi comportamenti, prendere precauzioni e avere paura di chi ci circonda. Proprio quando ci siamo adattati ad una nuova normalità, sono cominciate le vaccinazioni e ora siamo di nuovo su una ripida curva di apprendimento. Probabilmente ci vorrà la stessa quantità di tempo per tornare a fidarsi di coloro che ci circondano. I nostri cervelli sono cablati per la connessione, ma il trauma ci ha ricablati per l'autoconservazione. Nonostante questo bisogna convincersi che è tempo di ricostruire le nostre vite e la nostra società rinnovando le nostre connessioni reciproche, anche quando c'è del rischio. Il punto non è che dovremmo improvvisamente smettere di indossare maschere e andare al cinema. Piuttosto, dobbiamo fermarci, aggiornare le nostre conoscenze, controllare le nostre abitudini pandemiche, chiederci quali ci stanno ancora servendo e cambiare le altre, tornando al pre-pandemia. 3. Chiedi, non indovinare Dobbiamo affrontare le interazioni sociali pandemiche con curiosità. Oggi, la domanda più importante (e delicata) riguarda la vaccinazione: "sei vaccinato?", "prima o seconda dose"? Poi arriveranno le domande successive: "posso stringerti la mano?" "posso darti un abbraccio?" Il più delle volte, la risposta sarà sì. Tuttavia, queste possono essere domande sorprendentemente difficili e quindi occorre esercitarsi per farle con grazia. Se non hai intenzione di chiedere informazioni sullo stato di vaccinazione, probabilmente dovresti limitare la tua socializzazione alla tua cerchia di fiducia e/o tenere la mascherina. Tuttavia, anche in questo caso, è molto probabile che troverai persone che si abbracciano o entrano in casa senza mascherina. In quelle situazioni, devi imparare a mantenere il giusto equilibrio tra socialità e precauzione. 4. Accetta i limiti e mantieni i tuoi Stabilire e mantenere "i limiti" è un'abilità vitale fondamentale e durante una pandemia può essere salvavita. Il primo passo per implementare i limiti è ammettere che non puoi controllare le altre persone. Non puoi sapere con certezza che sono vaccinati; non puoi fargli indossare una mascherina o toglierne una. L'unica cosa che puoi veramente controllare sei te stesso. È quindi necessario che tu stabilisca i tuoi limiti. Sentiti libero di rifiutare un abbraccio da qualcuno di cui non conosci lo stato di salute. Non è necessario rimuovere la maschera. Non devi rivelare nulla sulla tua salute. Queste sono le tue decisioni da prendere e non sei responsabile delle reazioni degli altri alle tue decisioni. 5. Rispetta le diverse esperienze con COVID-19 Oltre 3 milioni di persone in tutto il mondo, hanno perso la vita a causa del COVID-19, il che significa che altri milioni di familiari e amici sono in lutto. Molti sopravvissuti stanno lottando con gli effetti fisici a lungo termine della malattia. Studi da tutto il mondo confermano che molti operatori sanitari hanno a che fare con un profondo disturbo da stress post-traumatico. Altre persone hanno perso il lavoro o hanno convissuto con qualcuno che si è trovato in quella situazione. Tuttavia, è del tutto possibile aver navigato attraverso la pandemia con il vento alle spalle e i mari della vita lisci come il vetro. Ho sentito persone introverse esprimere compiacimento per la quarantena e il mascheramento. Queste differenze sono prevedibili. Il COVID-19 è stato, ed è tuttora, un evento mondiale. Miliardi di persone ne sono state toccate in modi che sono stati modellati dalla loro ricchezza e reddito, genere, personalità, cultura, situazione familiare, comunità e lavoro, tra molti altri fattori. Questa è un'enorme diversità di esperienze ed è per questo che è importante affrontare tutte le conversazioni su COVID-19 con la massima sensibilità e rispetto. Quando incontri un amico che non vedi da un anno o incontri qualcuno di nuovo a un barbecue, semplicemente non puoi sapere quali fardelli hanno portato durante la pandemia e oltre. Le persone sceglieranno cosa condividere con te ed è importante non dare per scontato, ma anche non aver paura di chiedere e, soprattutto, ascoltare. 6. Ottieni un aiuto professionale se l'ansia interferisce con la vita La paura si aggrava nel tempo. Più resisti a fare qualcosa che ti rende nervoso, più sei reticente a farlo. Man mano che i governi rimuoveranno le restrizioni sulla pandemia e le persone inizieranno a mescolarsi di nuovo, ci saranno molte opportunità di provare ansia e paura, ma ciò non significa che dovresti rimanere a casa per il resto della tua vita. Anche se raggiungessimo l'immunità di gregge, il COVID-19 e le sue varianti sono diventate parte del paesaggio infido di tutte le nostre vite e questa infezione prenderà posto insieme ad altri pericoli che presentano rischi e tassi di mortalità ancora maggiori. La vita rimarrà una serie di rischi calcolati e in parte ci assumiamo i nostri rischi per costruire una vita degna di essere vissuta. Peraltro se inizialmente ti senti eccessivamente esausto dopo aver socializzato, se ti preoccupi molto dopo un breve abbraccio o una stretta di mano, se contini ad evitare il contatto con altri esseri umani dopo la vaccinazione dovresti consultarti con un professionista, almeno per un po'. Non ti aspettare che il tuo cervello sviluppi rapidamente il cambiamento, ma devi avere fiducia nella tua capacità di adattamento, nei tempi necessari alla tua sensibilità. In effetti, questa è una delle cose che ci ha insegnato la pandemia: qualunque cosa accada, ci adeguiamo. Lo farai anche tu. Questo è un altro cambiamento che stiamo attraversando tutti insieme. Questo post è una libera sintesi e traduzione dall'originale in lingua inglese "Six Tips for Socializing After You’ve Been Vaccinated" pubblicato su Greater Good Magazine
Intestino e cervello sono strettamente interconnessi. Frasi come “ho le farfalle nello stomaco”, “ho un peso sullo stomaco” o “ho agito di pancia” non sono solo delle espressioni figurative per esprimere un'emozione o un’azione, ma rappresentano un sentire popolare che oggi la scienza ha chiarito in modo concreto. La correlazione tra emozioni e intestino è infatti ormai ben descritta in medicina. Ciò che proviamo nella nostra mente influenza in modo diretto il nostro intestino e viceversa. Chi soffre ad esempio di Sindrome del Colon Irritabile sa che molto spesso uno stato emotivo di agitazione o di ansia è in grado di scatenare un attacco di diarrea acuta o di acuire i propri disturbi intestinali. Spesso accade che la sovrastimolazione dell’apparato gastrointestinale e i conseguenti sintomi che ne derivano (diarrea, crampi, gonfiore….) conducano ad una ulteriore stato di agitazione per la persona che ne soffre innescando così una pericolosa spirale da cui non è per niente facile uscire. In particolar modo, in questo ultimo anno, vivendo una situazione di tensione come quella innescata dalla pandemia di Covid, stanno aumentando i casi di ansia e di conseguenza anche le difficoltà a livello intestinale. La gestione dell’ansia comprende diversi trattamenti, dai farmaci ad alcuni rimedi naturali, dalla psicoterapia alla meditazione. Recentemente, è stato pubblicato in Frontiers in Psychiarty un articolo scientifico in cui, evidenziando che i farmaci e la psicoterapia spesso non riescono a raggiungere la completa risoluzione dei sintomi, si suggerisce di considerare anche un approccio complementare alla cura dei sintomi attraverso interventi nutrizionali. Questo approccio, ancora in via di sviluppo e definito “psichiatria nutrizionale” è indubbiamente molto affascinante. Nei miei studi fatti sulla prevenzione delle malattie e sugli stili di vita, ho spesso potuto apprezzare quanto un’alimentazione corretta permetta di influire in modo marcato sul benessere dell’organismo. Purtroppo, di quanto lo stile di vita, alimentazione in primis, impattino nel nostro benessere se ne parla ancora troppo poco, mentre ritengo sarebbe opportuno inserire dei concetti basi già nelle scuole per aiutare le future generazioni a curare la propria salute. Lo stile di vita moderno è indubbiamente sempre più ricco di comfort per il corpo, ma decisamente sempre più sfidante per la nostra salute mentale. I disturbi d'ansia sono tra le condizioni psichiatriche più diffuse nei paesi occidentali, con un terzo degli individui che soffrono di qualche forma di ansia durante la loro vita. I farmaci standard di cura e la psicoterapia hanno tuttavia un successo nel trattamento di circa la metà dei pazienti e solo un quarto sperimenta una completa risoluzione del problema (con un tasso di fallimento coerente con l’ampio fallimento dei trattamenti farmacologici per la maggior parte delle condizioni neurologiche). Quando si cerca di correggere un disturbo d’ansia è bene quindi non dimenticare il ruolo complementare dell’alimentazione e di uno stile di vita adeguato in grado di influire positivamente sulla nostra salute generale dal momento che intestino e cervello sono strettamente interconnessi. Vediamo allora le 5 strategie alimentari proposte dai ricercatori Nicholas G. Norwitz del Dipartimento di Fisiologia, Anatomia e Genetica dell’Università di Oxford e Uma Naidoo del Dipartimento di Nutrizione e Psichiatria dello Stile di Vita del Massachusetts General Hospital di Boston, entrambi docenti della Harvard Medical School di Boston per contrastare i disturbi d’ansia attraverso l’alimentazione. 1. Evita i dolcificanti artificialiL’utilizzo di dolcificanti artificiali in alcuni studi è stato associato a disturbi del benessere mentale, inclusa l'ansia. Inoltre, è stato suggerito che gli individui che soffrono di disturbi mentali possano essere particolarmente suscettibili agli effetti negativi dei dolcificanti artificiali. Ad esempio, uno studio crossover randomizzato, controllato con placebo, progettato per valutare l'impatto dell'aspartame sull'umore è stato interrotto prematuramente a causa della gravità delle reazioni in pazienti con una storia di depressione, che è una condizione spesso presente insieme all'ansia. Al momento, gli studi sono limitati su una ristretta gamma di dolcificanti (in particolare l'aspartame che è un dolcificante molto usato in snack e bevande a basso contenuto di zuccheri). Nell’articolo, gli studiosi suggeriscono come alterntive per le persone che non vogliono rinunciare agli edulcoranti, l’utlizzo della stevia (un dolcificante naturale non calorico che non altera la risposta insulinica) e l'eritritolo (un alcol zuccherino non insulinogenico che viene assorbito nell'intestino tenue e non viene fermentato dai batteri intestinali) Tuttavia, in altri studi (probabilmente pubblicati in contemporanea con la review in questione) si è evidenziato che la somministrazione di stevia ha mostrato un impatto negativo sul microbiota intestinale, con alterazione della composizione oltre che del metabolismo. In attesa di ulteriori approfondimenti sull’effetto dei dolcificanti nell’ansia, l'approccio più conservativo nel disturbo d’ansia è ancora la completa eliminazione di zucchero semplici e dolcificanti dalla dieta. 2. Riduci il glutine nella dietaIl glutine può indurre l'infiammazione provocando maggiore "permeabilità intestinale". Le proteine del glutine aumentano infatti l'espressione della zonulina, una proteina che aumenta la permeabilità intestinale. Questa condizione provoca la fuoriuscita dall’intestino verso il flusso sanguigno di composti immunostimolanti, come l'LPS (o lipopolisaccaride , uno dei componenti della membrana cellulare esterna dei batteri Gram-negativi) portando all'infiammazione “silente” (ovvero una infiammazione subcronica dei tessuti). Negli studi fin qui effettuati si è visto che nei pazienti ansiosi senza storia segnalata di disturbi gastrointestinali, vi sono elevati livelli nel sangue di zonulina e LPS rispetto ai soggetti di controllo non ansiosi. Questa osservazione è coerente con l'ipotesi che il glutine possa condurre a stati di infiammazione e ansia a causa di un aumento della della "permeabilità intestinale", suggerendo che i pazienti con ansia possono essere particolarmente sensibili al glutine. Allo stato attuale, le evidenze che dimostrino che una dieta priva di glutine sia in grado di diminuire l'ansia sono riferite solamente nei pazienti celiaci Tuttavia, i due ricercatori ritengono ragionevole includere una dieta priva di glutine nell'arsenale dei potenziali trattamenti metabolici per l'ansia. 3. Aumenta il consumo di grassi Omega-3Gli acidi grassi omega-3, in particolare gli omega-3 a catena lunga, l'acido eicosapentaenoico (EPA) e l'acido docosaesaenoico (DHA), sono potenti molecole di segnalazione antinfiammatorie che supportano il microbioma intestinale e rivestono un ruolo importante nei processi cognitivi e nella salute mentale. Negli studi sugli animali, i ricercatori hanno evidenziato che i meccanismi con cui gli omega-3 aiutano ad affrontare le basi metaboliche dell'ansia sono molteplici, probabilmente dovute al miglioramento dell'equilibrio del microbioma, la diminuzione dell'infiammazione e il bilanciamento della chimica tra neuromediatori. Negli esseri umani, si è visto che nei pazienti con disturbo d'ansia, i livelli di EPA e DHA nelle cellule erano ridotti del 18-34%. Inoltre, è stata evidenziata una correlazione inversa tra i livelli di questi omega-3 e la gravità dell'ansia (più bassi erano i livelli di omega-3 nelle cellule, più severa erano le forme di ansia registrate. Diversi studi hanno evidenziato che l’integrazione con omega-3 è in grado di ridurre l'ansia. In particolare, si suggerisce che la dose e il tipo di omega-3 sono caratteristiche importanti da considerare. Gli studi che utilizzavano dosi inferiori a 2 grammi al giorno di omega-3 tendevano a non essere significativamente efficaci nel trattamento dell'ansia. Analogamente è stato evidenziato che gli integratori con proporzioni inferiori di DHA erano meno efficaci nel ridurre l'ansia, arrivando a non avere effetti significativi con integratori contenenti più del 60% di EPA. Pertanto, è bene valutare con attenzione l’eventuale integrazione di omega-3 ai fini di un miglioramento fisiologico dell’ansia, privilegiando in particolare fonti di omega-3 come le uova di pesce e l'olio di krill, seguite dal salmone e da altri pesci grassi. 4. Sfrutta il potere “antifiammatorio” della curcuminaLa curcuma è probabilmente la spezia più studiata per la salute del cervello. Il suo componente attivo, la curcumina, è stato esplorato come trattamento per il morbo di Alzheimer, il morbo di Parkinson, la depressione, le comorbidità dell'ansia e l'ansia stessa Diversi studi randomizzati, in doppio cieco e controllati con placebo hanno dimostrato che l'integrazione di curcumina può ridurre l'ansia nell’uomo. Tuttavia, ci sono dei limiti alla letteratura scientifica prodotta sulla curcumina. Alcuni studiosi hanno contestato che i benefici della curcuma e dei suoi componenti per la salute sono eccessivamente sensazionalistici. In particolare, in un'attenta analisi della chimica medica della curcumina si è dimostrato in modo convincente che i risultati positivi nei sistemi modello possono essere confusi dall'instabilità chimica della curcumina e dal potenziale di interferire con le letture del dosaggio. Inoltre, gli esperti sottolineano che esiste un grande grado di variabilità tra gli studi rispetto alla purezza degli integratori e alle formulazioni, che confondono la riproducibilità degli studi. Ad esempio, le sostanze attive della curcuma sono poco assorbite in natura dal nostro organismo quando somministrate come polvere o in una soluzione acquosa. Per questo motivo, i curcuminoidi (i principi attivi della curcumina) dovrebbero essere consumati con i grassi. L’industria farmaceutica per aumentare l’assorbimento deilla curcumina ha sviluppato sistemi di somministrazione a base di lipidi, inclusi liposomi e nanoparticelle. In effetti, negli studi controllati randomizzati nei quali si sono evidenziati risultati positivi della curcumina sull'ansia, si sono utilizzate formulazioni specifiche per aumentare la biodisponibilità della curcumina, inclusa la nano-curcumina e la co-somministrazione di piperina, che aumenta di circa 20 volte l'assorbimento della curcumina rispetto alla sola polvere. In questo senso, vista anche la cautela nell’utilizzo di queste sostanze in chi soffra di problematiche epatiche e renali, sottolineo di non assumere integratori di curcuma senza il parere preventivo del medico curante o di un farmacista esperto in grado di consigliarti al meglio. 5. Controlla i livelli di Vitamina D nel sanguePoiché la maggior parte delle persone nel mondo occidentale moderno trascorre la maggior parte del tempo in casa, completamente vestita o semplicemente vivendo ad alte latitudini, la produzione endogena di vitamina D è spesso inadeguata. È anche difficile assumere abbastanza vitamina D dalla dieta (ho parlato dei cibi a più alto contenuto di vitamina d in un recente post nella pagina Facebook della farmacia) Nel 2014, la Società italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro (SIOMMMS) sottolineava che in Italia l’80% della popolazione sarebbe carente di Vitamina D (ovvero con livelli inferiori a 30 ng/mL). Anche se tra gli esperti non c’è ancora omogeneità nel definire quali valori debbano essere considerati come insufficienza evidente nei livelli di Vitamina D, non possiamo nascondere che lo stile di vita moderno ha effettivamente indotto una riduzione sensibile della produzione naturale da parte dell’oganismo di questo importante ormone. Nel cervello, la vitamina D regola importanti processi metabolici (l'omeostasi del calcio e i canali ionici), i livelli di sostanze fondamentali nella trasmissione tra i neuroni (come la dopamina e la serotonina). I benefici della vitamina D sono anche probabilmente mediati dal suo stesso ruolo nel modulare il microbioma intestinale e riducendo l'infiammazione cronica. Bassi livelli di vitamina D sono associati con più disturbi mentali, tra cui la schizofrenia, la depressione e l'ansia. In alcuni studi, l’integrazione di vitamina D in coloro che mostravano una carenza di vitamina D è risultata efficace nell'affrontare l'ansia. Va in questo contesto sottolineato che l'integrazione di vitamina D nel combattere l'ansia è risultata efficace solamente in chi ha una chiara carenza di vitamina D. In medicina, sappiamo bene che non è possibile estendere i risultati emersi nei soggetti specifici di uno studio in altre situazioni. Quindi la cautela è d’obbligo quando accostiamo l’integrazione di Vitamina D per ripristinare un equilibrio fisiologico in un soggetto ansioso. Tuttavia, la valutazione dei livelli di vitamina D ed una eventuale integrazione dovrebbe essere presa in considerazione in chi soffre di una storia importante di disturbo d’ansia. Anche in questo caso, sconsiglio fortemente il fai da te: senti sempre il parere del tuo medico o di uno specialista per valutare con attenzione le tue necessità personali. Altre potenziali strategieI ricercatori hanno inoltre sottolineato che nel trattamento dei disturbi di ansia, potranno essere prese in considerazione anche ulteriori potenziali strategie nutrizionali, tra cui la riduzione della caffeina, l’uso di prebiotici e probiotici per supportare il microbioma nel soggetto ansioso e l'integrazione con o magnesio o triptofano per aumentare potenzialmente la sintesi di serotonina.
Sebbene tutti questi trattamenti necessitano sempre di una valutazione attenta con il proprio medico di base o con uno specialista, modulare con più equilibrio la propria alimentazione non può che comportare un effetto positivo in chi soffre di ansia e agitazione. Personalmente, senza rischiare inutili eccessi di integrazione o l'adozione di strategie alimentari troppo limitiative per le tue caratteristiche posso suggerirti tre opzioni che sono certo non possano che impattare positivamente sul benessere del tuo organsimo: - una significativa riduzione dell’utilizzo degli zuccheri - una maggiore diversità nella scelta dei cereali utilizzati nella tua deita (evitando il solo consumo di frumento e affini, ma alternando anche riso, grano saraceno, quinoa…) - un sensibile incremento del consumo di pesce ed in particolare di pesce azzurro ad almeno 2-3 porzioni a settimana. Provaci. Sono certo che la tua salute ne risentirà in modo più che positivo. La società moderna è sempre più competitiva.
Il mondo del lavoro, in particolare, richiede notevoli sforzi e l'impegno di molte risorse mentali e di tempo per restare concorrenziali in un mercato sempre più globalizzato e sfidante. Consulenti e guru aziendali battono su prestazioni e maniacale attenzione ai dettagli per alzare l'asticella ed il proprio standard qualitativo. Ma il rischio di esaurirsi davanti all'eccesso di perfezionismo è dietro l'angolo. "Secondo un'analisi degli studi condotti sul tema, pubblicata da Andrew Hill, esperto della York St John University, e da Thomas Curran, dell'Università di Bath, sulla rivista Personality and Social Psychology Review, le preoccupazioni e lo stress che nascono dal perfezionismo possono contribuire alla comparsa di seri problemi di salute, ad esempio depressione, ansia, disturbi dell'alimentazione, fatica e addirittura a una mortalità precoce." Accettare i propri limiti sembra essere la vera sfida per non rischiare di barattare la propria salute con il successo. Se vuoi approfondire leggi su "Salute24" l'articolo: "Attenzione all'esaurimento: troppo perfezionismo porta al burnout" (clicca sul titolo dell'articolo per leggere il testo originale) Sono sempre più frequenti le ricerche che mirano a comprendere in modo approfondito il ruolo della flora intestinale per il benessere dell'organismo umano. Un recente studio pubblicato in anteprima on line sull'American Journal of Physiology- Gastrointestinal and Liver Phisiology ha messo in evidenzia che prolungati periodi di stress fisiologico possono modificare la composizione dei microgranismi che risiedono nell'intestino (microbiota intestinale), aumentando i rischi per la salute negli atleti di sport di resistenza e nel personale militare. Lo studio è la prima ricerca clinica a studiare la risposta del microbiota intestinale durante l'addestramento militare. Un intestino sano è una barriera semipermeabile e agisce come una difesa del nostro organismo sia filtrando i nutrienti, permettendone il passaggio dal lume intestinale al circolo sanguigno, sia mantenendo i batteri ed altre sostanze potenzialmente nocive all'interno dell'intestino stesso. Lo stress fisico può alterare la permeabilità intestinale aumentandone il rischio di infiammazione, malattie e sintomi quali la diarrea. Nello studio in questione, i ricercatori hanno preso in esame un gruppo di 73 soldati dell'esercito norvegese che ha partecipato ad un'esercitazione militare di sci di fondo. Per oltre quattro giorni, il gruppo di militari ha percorso sugli sci circa 51 km trasportando sulle spalle zaini del peso di circa 45 kg. I ricercatori hanno raccolto campioni di sangue e di feci prima e dopo l'esercitazione. I soldati sono stati inoltre sottoposti ad un esame delle urine 24 ore prima dell'addestramento e successivamente al terzo giorno di esercitazione. Prima di ogni test, ai soldati veniva data da bere una soluzione di acqua mescolata con sucralosio, un dolcificante artificiale e mannitolo, un alcool-zucchero. Il sucralosio non viene metabolizzato dal corpo umano durante la digestione. La grande maggioranza del sucralosio ingerito non è infatti assorbita e passa immodificata attraverso l'apparato digerente. Le minime percentuali di sucralosio che sono assorbite dall'organismo sono rapidamente eliminate nelle urine come sucralosio stesso. Per tale motivo i livelli di sucralosio escreto sono comunemente usati come marker della permeabilità intestinale (PI). Le analisi effettuate dai ricercatori hanno evidenziato che il microbiota e la composizione delle sostanze prodotte durante il metabolismo (metaboliti) nel sangue e nelle feci dei soldati è cambiato significativamente alla fine dell'intenso periodo di esercitazioni. L'escrezione di sucralosio è inoltre considerevolmente aumentata, evidenziando un aumento della permeabilità intestinale. Durante il periodo di addestramento, le concentrazioni di diverse sostanze prodotte dal metabolismo batterico di aminoacidi e grassi risultavano diminuite nelle feci, così come erano presenti alterazioni significative in più della metà dei diversi metaboliti presenti nel sangue dei volontari. Le variazioni della permeabilità intestinale sono state associate sia con la modificazione dello stato infiammatorio, sia con l'alterazione della composizione del microbiota intestinale prima dell'allenamento sia con i cambiamenti in diversi metaboliti probabilmente derivati dal microbiota. “(Precedenti) studi sull'uomo hanno dimostrato che i cambiamenti radicali nella dieta influenzano la composizione del microbiota intestinale alterando la disponibilità dei substrati metabolici per i microbi intestinali. I nostri risultati contrastano con tali affermazioni dimostrando che le alterazioni nella composizione del microbiota molto probabilmente non possono essere riconducibili esclusivamente alle modificazioni della alimentazione e che tali cambiamenti sono stati molto più marcati di quanto comunemente riportato negli studi relativi alla dieta“, hanno affermato i ricercatori. Il microbiota intestinale sembra dunque essere un fattore fondamentale nella risposta dell'intestino allo stress fisico. “I nostri risultati suggeriscono che il microbiota intestinale potrebbe essere uno dei mediatori chiave della modificazione della permeabilità intestinale a importanti stress fisiologici e che agire selettivamente sul microbiota prima dell'esposizione allo stress possa fornire nuove strategie per il mantenimento della permeabilità intestinale stessa” hanno concluso i ricercatori. I dati emersi in questo studio evidenziano quanto lo stress fisico sia in grado di alterare la composizione e l'equilibrio della flora intestinale e di conseguenza alterare in modo significativo il nostro benessere. In modo particolare, i risultati della ricerca appaiono molto interessanti nell'ottica di un maggior controllo dello stato di salute per tutte quelle categorie di persone che si sottopongono a impegni fisici prolungati e molto impegnativi, quali atleti di endurance (maratoneti, triatleti, ciclisti...) e personale militare durante esercitazioni o missioni di guerra. Come poter agire selettivamente sul microbiota di queste persone al fine di preservarne integrità e funzionalità durante periodi di forte stress fisico potrebbe dunque essere uno dei campi più interessanti di investigazione della ricerca clinica del prossimo futuro. Buona Vita!!! Fonte: American Physiological Society (APS) |
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