Sono sempre più frequenti le ricerche che mirano a comprendere in modo approfondito il ruolo della flora intestinale per il benessere dell'organismo umano. Un recente studio pubblicato in anteprima on line sull'American Journal of Physiology- Gastrointestinal and Liver Phisiology ha messo in evidenzia che prolungati periodi di stress fisiologico possono modificare la composizione dei microgranismi che risiedono nell'intestino (microbiota intestinale), aumentando i rischi per la salute negli atleti di sport di resistenza e nel personale militare. Lo studio è la prima ricerca clinica a studiare la risposta del microbiota intestinale durante l'addestramento militare. Un intestino sano è una barriera semipermeabile e agisce come una difesa del nostro organismo sia filtrando i nutrienti, permettendone il passaggio dal lume intestinale al circolo sanguigno, sia mantenendo i batteri ed altre sostanze potenzialmente nocive all'interno dell'intestino stesso. Lo stress fisico può alterare la permeabilità intestinale aumentandone il rischio di infiammazione, malattie e sintomi quali la diarrea. Nello studio in questione, i ricercatori hanno preso in esame un gruppo di 73 soldati dell'esercito norvegese che ha partecipato ad un'esercitazione militare di sci di fondo. Per oltre quattro giorni, il gruppo di militari ha percorso sugli sci circa 51 km trasportando sulle spalle zaini del peso di circa 45 kg. I ricercatori hanno raccolto campioni di sangue e di feci prima e dopo l'esercitazione. I soldati sono stati inoltre sottoposti ad un esame delle urine 24 ore prima dell'addestramento e successivamente al terzo giorno di esercitazione. Prima di ogni test, ai soldati veniva data da bere una soluzione di acqua mescolata con sucralosio, un dolcificante artificiale e mannitolo, un alcool-zucchero. Il sucralosio non viene metabolizzato dal corpo umano durante la digestione. La grande maggioranza del sucralosio ingerito non è infatti assorbita e passa immodificata attraverso l'apparato digerente. Le minime percentuali di sucralosio che sono assorbite dall'organismo sono rapidamente eliminate nelle urine come sucralosio stesso. Per tale motivo i livelli di sucralosio escreto sono comunemente usati come marker della permeabilità intestinale (PI). Le analisi effettuate dai ricercatori hanno evidenziato che il microbiota e la composizione delle sostanze prodotte durante il metabolismo (metaboliti) nel sangue e nelle feci dei soldati è cambiato significativamente alla fine dell'intenso periodo di esercitazioni. L'escrezione di sucralosio è inoltre considerevolmente aumentata, evidenziando un aumento della permeabilità intestinale. Durante il periodo di addestramento, le concentrazioni di diverse sostanze prodotte dal metabolismo batterico di aminoacidi e grassi risultavano diminuite nelle feci, così come erano presenti alterazioni significative in più della metà dei diversi metaboliti presenti nel sangue dei volontari. Le variazioni della permeabilità intestinale sono state associate sia con la modificazione dello stato infiammatorio, sia con l'alterazione della composizione del microbiota intestinale prima dell'allenamento sia con i cambiamenti in diversi metaboliti probabilmente derivati dal microbiota. “(Precedenti) studi sull'uomo hanno dimostrato che i cambiamenti radicali nella dieta influenzano la composizione del microbiota intestinale alterando la disponibilità dei substrati metabolici per i microbi intestinali. I nostri risultati contrastano con tali affermazioni dimostrando che le alterazioni nella composizione del microbiota molto probabilmente non possono essere riconducibili esclusivamente alle modificazioni della alimentazione e che tali cambiamenti sono stati molto più marcati di quanto comunemente riportato negli studi relativi alla dieta“, hanno affermato i ricercatori. Il microbiota intestinale sembra dunque essere un fattore fondamentale nella risposta dell'intestino allo stress fisico. “I nostri risultati suggeriscono che il microbiota intestinale potrebbe essere uno dei mediatori chiave della modificazione della permeabilità intestinale a importanti stress fisiologici e che agire selettivamente sul microbiota prima dell'esposizione allo stress possa fornire nuove strategie per il mantenimento della permeabilità intestinale stessa” hanno concluso i ricercatori. I dati emersi in questo studio evidenziano quanto lo stress fisico sia in grado di alterare la composizione e l'equilibrio della flora intestinale e di conseguenza alterare in modo significativo il nostro benessere. In modo particolare, i risultati della ricerca appaiono molto interessanti nell'ottica di un maggior controllo dello stato di salute per tutte quelle categorie di persone che si sottopongono a impegni fisici prolungati e molto impegnativi, quali atleti di endurance (maratoneti, triatleti, ciclisti...) e personale militare durante esercitazioni o missioni di guerra. Come poter agire selettivamente sul microbiota di queste persone al fine di preservarne integrità e funzionalità durante periodi di forte stress fisico potrebbe dunque essere uno dei campi più interessanti di investigazione della ricerca clinica del prossimo futuro. Buona Vita!!! Fonte: American Physiological Society (APS) 5 cose da sapere sui fermenti lattici (e perché non sarebbe corretto definirli “fermenti lattici”)17/5/2017 E’ molto probabile che, in seguito ad un episodio di disturbi gastrointestinali, il vostro medico o il vostro farmacista vi abbia consigliato l’assunzione di “fermenti lattici” per aiutare il vostro organismo a recuperare uno stato di salute ottimale. Ma cosa sono davvero i “fermenti lattici” e perché il loro utilizzo viene sempre più consigliato per mantenere un corretto equilibrio della nostra flora intestinale? In questo articolo proviamo a dare alcune risposte, evidenziando quali siano le 5 cose fondamentali da ricordare a proposito di fermenti lattici.
Questi fermenti sono largamente utilizzati da secoli in varie culture per la produzione di bevande o di latte fermentato (ad esempio, lo yogurt). Tuttavia, va rilevato che la trasformazione del lattosio può essere operata da diversi ceppi di batteri, ma solo alcuni di questi possono eseguire processi realmente utili e benefici per l’uomo: i fermenti lattici “probiotici”. Più precisamente, il termine “probiotico” deve essere riservato ai microrganismi viventi che hanno dimostrato, negli studi umani controllati, di avere effetti benefici sulla salute. In buona sostanza, con il termine “fermenti lattici” dovremmo considerare solo quegli organismi che aggiungiamo al latte per “fermentarlo” in yogurt (che non hanno dunque particolari benefici salutistici), mentre in tutti quei casi in cui assumiamo un integratore per contrastare una diarrea o per ripristinare l’equilibrio della flora intestinale è più corretto usare il termini “probiotico”.
Il microbiota è peculiare per ogni individuo e rappresenta una sorta di “impronta digitale batterica” che dipende da età, area geografica di provenienza, dieta ed etnia. Le funzioni della flora batterica intestinale sono molteplici e riguardano sinteticamente l’azione di antagonismo alla proliferazione di microorganismi nocivi nel tratto gastrointestinale, la stimolazione del sistema immunitario e il completamento dei processi digestivi. Quando si crea un’alterazione quantitativa o qualitativa del microbiota locale si ha una drastica riduzione della biodiversità dei batteri a scapito delle specie benefiche e un aumento relativo dei microrganismi patogeni. Questa alterazione viene definita “disbiosi intesinale”. La disbiosi intestinale può essere acuta o cronica: la disbiosi acuta si scatena in modo improvviso, come accade ad esempio nelle diarree conseguenti ad antibiotico terapia, mentre la disbiosi cronica si instaura nel tempo e si associa a patologie a carico anche di apparati diversi da quello gastrointestinale, alterazioni del metabolismo, infiammazione cellulare e alterazioni del sistema immunitario.
Un probiotico per essere definito tale deve dunque avere alcune caratteristiche fondamentali: deve essere costituito da ceppi vivi, ben definiti e correttamente identificabili; deve possedere un’adeguata capacità di adesione alla mucosa intestinale in quantità ottimale; deve garantire stabilità e sicurezza; deve essere compatibile con l’organismo umano; deve apportare benefici all’ospite; deve assicurare elevate caratteristiche tecnologiche di conservazione per preservare la vitalità dei ceppi. 4. Un probiotico vale l'altro? Nonostante ci siano svariate evidenze scientifiche che confermano che l’assunzione di probiotici possa essere di beneficio alla salute nell’uomo, questa evidenza è fondata e rilevante solamente per le forme specifiche che sono state utilizzate nei singoli studi clinici e non è dunque una affermazione che può essere considerata valida per tutti i probiotici in commercio. Gli effetti descritti nei risultati degli studi devono infatti essere attribuiti solo al ceppo o ai ceppi testati (e relativi dosaggi) e non possono di conseguenza essere utilizzati come evidenza per supportare gli effetti benefici presunti di altri ceppi non utilizzati negli studi clinici. A tal proposito, va anche sottolineato che non è possibile stabilire un dosaggio generale ed univoco per tutti i probiotici; il dosaggio più corretto deve essere determinato basandosi sulla specificità dei ceppi e sui risultati clinici ottenuti negli studi che hanno dimostrato effetti benefici sulla salute. In questo senso, il consiglio di un operatore sanitario competente rappresenta la soluzione più corretta per ottimizzare l’utilizzo dei probiotici. 5. In quali condizioni i probiotici possono essere impiegati? Allo stato attuale, ci sono buone evidenze cliniche che dimostrano l’utilità dei probiotici nel trattamento e nella prevenzione delle diarree acute, in particolare in quelle di tipo virale ed indotte dall’uso di antibiotici. Da varie metanalisi, si è inoltre visto che l’uso dei probiotici è associato ad un miglioramento complessivo dei sintomi della sindrome dell’intestino irritabile (dolore addominale, alterazione dell’alvo, gonfiore e flatulenza). Rimanendo in ambito gastrointestinale, la letteratura suggerisce ancora che alcuni probiotici possono essere di supporto come terapia adiuvante agli antibiotici nella eradicazione dell’infezione da H. pylori, responsabile di molte gastriti. L’uso dei probiotici ha inoltre dimostrato benefici anche al di fuori di sintomatologie a carico dell’apparato intestinale. Vi sono infatti buoni risultati che evidenziano un effetto positivo rispetto al placebo nella riduzione del numero di episodi di infezioni acute delle vie respiratorie superiori e la loro durata media. Anche nell’ambito delle allergie, si registrano buone evidenze scientifiche nella prevenzione delle dermatiti atopiche e dell’eczema, anche se una chiara indicazione d’uso dovrà essere prioritariamente supportata da una maggiore omogeneità degli studi analizzati. Un crescente numero di ricerche cliniche sta evidenziando legami importanti tra l’equilibrio della flora intestinale ed il benessere del nostro organismo in diversi ambiti. E’ bene pertanto non sottovalutare l’importanza di questi integratori poiché le potenzialità benefiche di questi microorganismi rappresentano già ora uno dei settori più promettenti e dinamici della ricerca medica del futuro. Questo articolo è stato pubblicato sul numero di Maggio/Giugno di Portogruaro.Net per la rubrica "Stiamo in salute"
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